«Ragazzi, ve l'abbiamo detto e lo ripetiamo: non fate il passo più lungo della gamba». Una frase d'altri tempi, quando i padri elargivano ai figli pillole di saggezza e i figli erano costretti a prenderne atto. Tante volte, dalla fine degli anni 70, Angelo e Aldo Zegna non a caso gentiluomini d'altri tempi, l'hanno ripetuta agli eredi che, con varie mansioni, lavoravano (e lavorano) nel gruppo nato nel tessile laniero di alta qualità nel lontano agio e poi allargato a quella che un tempo si chiamava confezione: Gildo e Paolo, che per anni sono stati co-amministratori delegati, Anna e Benedetta, Laura e Renata.
I cugini scalpitavano con il coraggio e pure l'incoscienza della gioventù per trasformare un gruppo sorto a Trivero, nelle montagne del Biellese, peraltro distretto d'eccellenza celebrato dalla prima pagina del «Wall Street journal», in un brand del lusso mondiale. Come? Ad esempio iniziando ad aprire negozi di proprietà, una scelta che poteva non essere allora così lapalissiana: il primo a Parigi, in rue de la Paix, nel 1980; il secondo, cinque anni dopo, a Milano, in via Verri.
«A quel tempo il fatturato si aggirava sulla già ragguardevole cifra di 300 miliardi di vecchie lire. «Negozi di nostra proprietà?», domandavano sconcertati Angelo, oggi presidente, e Aldo, scomparso nel 2000. «Ma sì, sì», rispondevano in coro i figli/cugini: è una strategia indispensabile per stare vicino al consumatore e capire quali sono le sue effettive esigenze.
E giù lunghe riunioni con analisi, numeri, proiezioni, perché certo non si può dire che i biellesi non siano “quadrati”, anzi, lo dicono loro stessi, accostando le mani alle tempie: «Eh, noi biellesi siamo così». Da lì è stato un susseguirsi di cambiamenti: in vent'anni il fatturato è quintuplicato, i negozi sono 500 in tutto il mondo e Zegna viaggia ai vertici della classifica mondiale dei top brand del lusso ed è leader assoluto nel segmento maschile. Da ieri sera è ufficialmente aperto l'avveniristico quartier generale di via Savona a Milano, progettato dall'«amico Antonio», come gli Zegna chiamano l'architetto Citterio, ispirandosi alle passerelle (quelle attuali sono in vetro, sospese grazie a ponti con travi d'acciaio) che nonno Ermenegildo aveva fatto realizzare a Trivero sopra i diversi reparti del lanificio per portare in visita ospiti e clienti senza disturbare la produzione. Una passerella è il passepartout:perché per i biellesi innovazione deve sempre fare rima con tradizione.
Estratto da Il Sole 24 Ore del 16/01/08 a cura di Pambianconews