Quella scoppiata tra Firenze, Bruxelles, Berlino e Pechino, è una vera e propria battaglia commerciale, economica, politica, e anche ambientale: da una parte l'Unione Europea, che ha appena riconfermato le sue barricate «anti-dumping» contro le lampadine «verdi» a basso consumo (e a basso costo di produzione) fabbricate in Cina; dall'altra, alcune aziende europee che quelle stesse lampadine producono già da anni, proprio in terra cinese, per poi rivenderle nel resto del mondo.
Ieri, le misure anti-dumping avrebbero potuto crollare, perché giunte a scadenza concordata: e invece, la Commissione Europea ha deciso di prorogarle per un anno, «nell'interesse generale della Comunità», ribadendo le tariffe maggiorate fino al 66% già da tempo in vigore. Non è una decisione definitiva: dovrà essere infatti la maggioranza degli stati membri, ad approvarla, e avranno un mese di tempo per discutere ancora.
Ma il primo passo è fatto, e il principio generale stabilito: in buona sostanza, la Commissione ha ascoltato le richieste della tedesca Osram («dateci tempo per prepararci a scendere in campo»), un colosso che non ha ancora piazzato le sue fabbriche di lampadine in Cina ma sì prepara probabilmente a farlo; e che, nell'attesa, ha chiesto un minimo di protezione tariffaria.
Esattamente il contrario di quello che chiedevano gli altri suoi grandi rivali nel continente europeo. Come l'olandese Philips. E come l'italiana e fiorentina Targetti, che con le sue lampade illumina il David di Michelangelo a Firenze, l'Ultima Cena di Leonardo a Milano, la Borsa di Wall Street o Notre Dame a Parigi; e che, ora, busserebbe già alle soglie della Corte europea di Giustizia.
Secondo quanto ha dichiarato uno dei suoi consulenti legali al «Financial Times», un ricorso è già pronto e verrà presentata una richiesta di indennizzo dei danni, contro la stessa Commissione Europea.
(Nella foto l'AD Lorenzo Targetti).
Estratto da Corriere della Sera del 16/10/07 a cura di Pambianconews