Nel futuro di Bialetti Industrie non solo la mitica Moka Express ma una rete di negozi. E un pizzico di caffè. L'aveva detto il presidente Francesco Ranzoni, a luglio, all'annuncio della quotazione a Piazza Affari: «La Borsa ci servirà per crescere». E lo ripete oggi, dopo l'apertura di due negozi (Parma e Pescara) e a un mese dall'inaugurazione del primo flagship store dell'omino con i baffi a Brescia (il 23 novembre). «L'80% della quotazione arriva da un aumento di capitale: questo dimostra che puntiamo a investire». Saranno una decina entro la fine dell'anno («siamo in cerca di una giusta location a New York») a cui si aggiungeranno altri 15-20 punti vendita nel 2008.
Ma Brescia sarà il fiore all'occhiello, bandiera del made in Italy targato Bialetti: da un lato, sugli scaffali in mostra, l'alta gamma dei prodotti (da Cuor di Moka, l'ultimo nato con la collaborazione di Illy, alla Mokona, la macchina elettrica per l'espresso in casa, incluse le pentole d'acciaio e antiaderenti), dall'altro uno spazio caffetteria per la degustazione del caffè. Una formula che Ranzoni lancerebbe volentieri anche in franchising, «con partner detentori della qualità del caffè». E forse un modo per far concorrenza a grandi marchi come Illy e Lavazza. Proprio il caffè apre l'altra prospettiva del gruppo di Coccaglio (Brescia).
«Sì, il nostro caffè. Per questo, dice Ranzoni, c'è la volontà di trovare un partner italiano che garantisca una miscela di qualità». Il primo passo è stata la vendita di capsule di caffè a marchio Bialetti. E per il 2008 sarà in commercio «una nuova capsula di alluminio, brevettata e riciclabile con la cialda al centro». L'altro fronte considerato cruciale per lo sviluppo del gruppo (che ha chiuso il primo semestre dell'anno con un utile netto di 2 milioni di euro e ricavi per 102,9 milioni, +10,8%) sono i mercati internazionali. Ranzoni ha confermato l'apertura di un nuovo stabilimento (per le pentole) in India (entro il 2008) che si affiancherà a quelli già presenti in Turchia e Romania. E l'inaugurazione di altre nove filiali commerciali (in Inghilterra, Stati Uniti, Russia e Messico). «Ma le moke no, quelle si fanno solo in Italia, perché il nostro è un know-how antico che non è il caso di andare a insegnare in giro».
E non è un caso che a sostenere la bandiera del made in Italy abbiano fatto il loro ingresso nel capitale dell'azienda bresciana due paladini del marchio tricolore come i fratelli Diego e Andrea Della Valle (con il 10%) e il presidente di Confindustria Luca Cordero di Montezemolo (1%).
Estratto da Corriere della Sera del 10/10/07 a cura di Pambianconews