Partita da Londra, passata per Shanghai, Tokyo, Taipei, Bangkok e San Francisco, a Milano la mostra «Vivienne Westwood�. Forte di 35 anni di carriera la Westwood racconta il suo rapporto con l'Italia.
“Considero la moda un lavoro agricolo perché privilegia l'uso delle mani, delle materie prime e segue il ritmo delle stagioni. E l'Italia è il paese che ancora oggi ti permette di fare questo mestiere modellando i tessuti sui manichini per crearne una tridimensionalità, affiancando sarti e artigiani che si tramandano conoscenze. Il laboratorio è un gioiello tutto italiano che fa invidia al mondo. Quello che voglio dire è che gli italiani sono famosi per la loro abilità nel fare le cose, e soprattutto in quello che una volta si chiamava «confezione» e ora «made in Italy».
Tornando all'agricoltura, credo che il designer che ha un vero senso rurale, di concretezza e legame con la terra sia Giorgio Armani, che non a caso compra immobili dando una sua impronta alla città di Milano. Adoro Donatella Versace per la sua capacità di imporsi come icona pop trasversale e stimo Miuccia Prada per la sua illuminata autorevolezza creativa, ma il mio preferito rimane Elio Fiorucci. A lui si deve, storicamente l'espansione della base creativa di Milano.
Non c'era giovane talento o pseudotale che negli anni Settanta-Ottanta non fosse ricevuto da Elio. Ogni energia, fermento, stimolo passava da lui. Ho un ricordo straordinaria anche di Nicola Trussardi: è stato lui a farmi sfilare per la prima volta, ospitandomi dopo la sua collezione nella sede dell'ex stabilimento Motta.
Mi sento un'inglese made in Italy ed è un sogno per me che la mia retrospettiva ora trionfi qui nella patria della moda”.
Estratto da Panorama del 21/09/07 a cura di Pambianconews