Giù le barriere europee erette a protezione di tessile e abbigliamento. Via libera ai cinesi che preparano l'assalto ai concorrenti del Vecchio Continente, a cominciare dagli imprenditori del «made in Italy». L'Unione europea non può più limitare le importazioni da Pechino. Il Commissario al commercio con l'estero, l'inglese Peter Mandelson (nella foto), lo ha comunicato direttamente al governo italiano, con una lettera riservata, spedita lunedì 10 settembre da Bruxelles. Nel testo il capo della «direzione G» (accesso ai mercati) Peter Klein fa capire agli interlocutori di Roma che la larga maggioranza dei Paesi Ue intende togliere di mezzo tetti o quote di importazione per tessuti maglioni, calze, magliette e altri capi di abbigliamento. Se non altro perché la Cina non è più disponibile.
Al ministero del Commercio internazionale, guidato da Emma Bonino, da tempo nessuno si fa illusioni. Anche se il tentativo era stato fatto, con un messaggio-appello, inviato il 31 luglio 2007 a uno dei più stretti collaboratori di Mandelson, l'irlandese David O'Sullivan.
Un testo chiaro: «Caro David…Peter Mandelson ha indicato che non vi sono i presupposti per un accordo con la Cina relativo al prolungamento dei limiti quantitativi tessili fino alla fine del 2008 che, secondo l'Italia, sarebbe invece utile per “un allineamento” della Ue alle scadenze che la Cina ha sottoscritto con gli Usa, con il Brasile e con altri Paesi terzi». Ancora poche righe ed ecco l'allarme, ecco i rischi che gli esperti della Bonino vedono materializzarsi, da qui a qualche settimana: «Senza un prolungamento di tali limiti, il settore del tessile-abbigliamento italiano potrebbe dover sopportare grandi difficoltà, perché dal primo gennaio prossimo potrebbero aumentare in modo esponenziale le importazioni dalla Cina, anche per gli effetti della diversione dei traffici».
L'Europa, dunque, si prepara a riaprire completamente le dogane, eliminando le restrizioni concordate con il governo di Pechino nel giugno del 2005 (Accordo di Shangai), dopo che «l'onda gialla» sembrava sul punto di travolgere telai, imprese di ogni dimensione, grandi firme dell'abbigliamento o semplici artigiani. Dopo lunghi negoziati (e numerosi viaggi a vuoto) Mandelson aveva ottenuto un'intesa a termine dalla controparte di Pechino, il ministro del commercio Bo Xilai. Niente dazi, cioè niente prelievi alle frontiere, sul valore delle merci in arrivo dalla Cina, ma piuttosto una programmazione delle esportazioni: un «tot» di maglie, un «tot» di pantaloni all'anno e così via. Fino al dicembre 2007. Nelle ultime settimane il solito Bo Xilai ha fatto sapere alla Commissione che allora, come d'accordo, a Capodanno, oltre ai tappi dello spumante salteranno anche le quote alle esportazioni verso la Ue. Liberi tutti e via all'assalto dei concorrenti, a cominciare dal made in Italy.
Estratto da CorrierEconomia del 17/09/07 a cura di Pambianconews