Pitti Immagine prepara grandi cambiamenti e cerca di controllare un'onda d'urto che si annuncia violenta. Una specie di tsunami che rimette in discussione l'assetto delle fiere. Perché quello che sarà annunciato è il nuovo interesse della manifestazione fiorentina per il mondo della donna, dal quale era uscita nel 1982. E in particolare, per le pre-collezioni, che rappresentano oltre il 70 per cento del fatturato delle aziende e vengono lanciate mesi prima delle sfilate diventate più un momento di comunicazione che di vendita.
Intanto Pitti Immagine lancia la sua sfida, che sarà ricca e articolata, contando forse anche su presentazioni ristrette di stilisti emergenti e di grande valore per i quali Milano ha difficoltà a trovare orario e location che possano valorizzarli. Se non fosse che da qualche tempo i vertici di Pitti Immagine, dal presidente Gaetano Marzotto all'amministratore delegato Raffaello Napoleone, stavano affrontando il problema, verrebbe da pensare a una reazione seccata per l'annuncio dato a luglio del nuovo sistema fieristico milanese, legato all'uomo e proposto da White, il salone indipendente di Massimiliano Bizzi sostenuto dall'assessore alle attività produttive Tiziana Maiolo.
Così da gennaio Milano avrà il suo primo salone della moda uomo mentre Firenze si prepara a riavere quello femminile, aggiornato e attualizzato, seguendo l'esempio esattamente opposto a quello offerto da MilanoUnica, la fiera del tessile nata dalla fusione tra cinque fiere specializzate del settore e la cui prossima edizione si apre domani. Si riparte da capo, dunque. Tutti divisi come prima che fosse firmato l'accordo tra l'allora Associazione industriali dell'abbigliamento (presidente Fabio Inghirami, direttore generale Armando Branchini) e Maglieria (presidente Giorgio Malerba, direttore generale Alfredo Ciampini) e Franco Tancredi, presidente del Centro di Firenze per la moda italiana, la holding di Pitti. Era il 1982: da quattro anni al Centro sfilate di Milano collezioni si presentavano i grandi talenti del made in Italy mentre nei padiglioni contigui e in contemporanea si svolgeva Modit, la rassegna del pr�t-à-porter italiano.
Di comune accordo per sostenere la manifestazione e fare di Milano la vera capitale della moda si decise di specializzare Firenze sull'uomo e Milano sulla donna, un progetto realistico ma anche coraggioso che, ricorda Branchini, fu accolto con ironia dalla cerchia romana, che continuava, e non se ne capisce il motivo, a ritenersi la vera città del fashion. «Che cosa si potrà mai organizzare nelle polverose soffitte della fiera?» scriveva Il Messaggero.
Quello che è successo poi si vede e ha funzionato per oltre vent'anni. «Certo, ora è tempo di cambiamenti ma non credo si debba puntare troppo sulle pre-collezioni – commenta Branchini, che oggi è direttore generale di Altagamma. L'importante, e ce lo insegna proprio la storia delle fiere, è essere il principale player, al massimo il secondo. Continuando a dividere le competenze, mi chiedo a quale punto della graduatoria potremmo finire».
Estratto da CorrierEconomia del 10/07/09 a cura di Pambianconews