Come mai un'infilata di personaggi di primo piano internazionali veste un marchio che, pur fatturando un rispettoso 30 milioni di euro, non è certo tra le star più note nella galassia della moda italiana? Perché qualche anno fa, fiutando che la globalizzazione avrebbe seppellito chi non fosse stato in grado di crearsi un'eccellenza nel mondo dell'abbigliamento, i tre fratelli Boglioli, figli, nipoti e pronipoti di sarti, hanno investito somme considerevoli per fare ricerca su materiali di lusso (cashmere e lini, innanzitutto) e inventare qualcosa di nuovo nel genere meno moderno che si trova in una boutique d'abbigliamento maschile: la giacca, il completo e il cappotto, in gergo tecnico i cosiddetti capospalla.
Il fratello più giovane, Gigi (Pierluigi), aveva in testa due idee che trovavano perfettamente d'accordo Mario (l'amministratore delegato) e Stefano (il direttore commerciale): il modello inglese, quello legato alla nobiltà di campagna; l'altra idea era quella di trasportare anche sull'alta qualità il modello inventato dai Benetton, vale a dire quello di colorare gli abiti all'ultimo momento evitando così i rischi dell'invenduto e del magazzino.
I tre Boglioli, convinti di avere imboccato la strada giusta, alzarono il livello della scommessa e del rischio. Chi fa la moda? I giovani. Cominciarono così a provare modelli su modelli immaginando di vederli addosso a uno studente liceale o universitario.
A quel punto la strada era stata segnata, bastava applicare questa nuova filosofia di prodotto a tutto il classico che i Boglioli avevano fino ad allora prodotto.
Estratto da Capital del 7/09/07 a cura di Pambianconews