La lezione arriva dalla Spagna. Il Paese guidato da Zapatero, aperto nei confronti dei problemi sociali, ancora una volta prende una rigida posizione su fatti riguardanti l'immagine e la comunicazione nella moda. Dopo il tema dell'eccessiva magrezza delle modelle per le passerelle degli stilisti, liquidato un po' superficialmente con l'equazione moda uguale anoressia, in primavera è stata la campagna di Giorgio Armani per la linea junior a far discutere gli spagnoli.
Due bambine di circa 5 anni, dai tratti orientali, indossano short e bikini. Il Defensor del Menor di Madrid ha ritenuto che la foto rappresentasse un'intollerabile provocazione. “Le bambine sono state strumentalizzate in modo pericoloso per richiamare l'attenzione, ha detto. Questa è vera e propria istigazione al turismo sessuale”.
Ora, visto che la volgarità e la provocazione sono argomenti in genere estranei sia a Giorgio Armani sia alla Maison americana, la considerazione che emerge è quanto sia scivoloso e pieno di insidie il terreno quando la pubblicità parla attraverso i più piccoli. Non c'è dubbio che l'impiego intelligente di bambini, soprattutto se piccolissimi, funziona bene anche nelle campagne destinate agli adulti, scatenando sempre forti emozioni. Il problema, evidentemente, è saper distinguere tra quelle buone e quelle cattive, conoscere i limiti, le regole del gioco.
Per aggirare l'ostacolo sembra che le aziende di abbigliamento infantile abbiano fatto una scelta un po' salomonica, piazzandosi in un terreno neutrale e spesso limitandosi a raccontare il proprio stile attraverso uno scatto fotografico. Immagini che però potrebbero far parte di un servizio di un giornale di moda e che raramente raccontano un mondo di riferimento, né tanto meno suscitano emozioni. Eppure le aziende del settore spendono in comunicazione: una ricerca Pambianco quantifica in 14.578 migliaia di euro gli investimenti del 2006 (per 116 marchi), contro i 15.742 del 2005 (con 98 marchi), anno in cui era stato registrato un balzo del 36%. E la scelta delle testate per il consumatore finale privilegia riviste come Donna Moderna, lo Donna e D di Repubblica: giornali che dialogano con mamme informate e intelligenti. Sicuramente pronte a cogliere messaggi più evoluti, anche quando la moda è destinata ai loro bimbi.
Estratto da Fashion del 29/06/07 a cura di Pambianconews