Il 2006 per il tessile-abbigliamento è stato l'anno della ripresa. Ma dopo una fase di crisi durata quasi cinque anni le conferme non sono mai troppe. L'ultima, in ordine di tempo, arriva dal rapporto Filtea-Cgil, intitolato “Prime luci sul sistema moda, dalla crisi al cambiamento alla trasformazione della filiera moda italiana”.
Secondo l'elaborazione dei dati Istat, il fatturato del comparto vestiario nel 2006 è cresciuto del 7% circa e anche il settore a monte (il cosiddetto aggregato tessile) è cresciuto del 3,5%. Ancora più importante è l'inversione di tendenza registrata dalla pelletteria (+8,3%). Nel complesso, il fatturato di tessile, abbigliamento e pelletteria, nel 2006 è cresciuto dell'11%, compensando gli arretramenti del quinquennio 2001-2005, dovuti principalmente a due fattori: il continuo rafforzamento dell'euro sul dollaro (un problema tuttora esistente) e l'irrompere dei Paesi emergenti sul mercato globale, in primis la Cina.
La situazione è rosea, ma esistono ancora problemi. «Il primo punto critico è la situazione dei sub-fornitori: queste aziende hanno fatto la maggior fatica a comprendere l'esigenza di cambiare, spiega l'economista Clemente Tartaglione, che ha curato il rapporto Filtra-Cgil. Nessuno può più comportarsi da “stabilimento” esterno di una grande azienda. E, invece, il 50% delle imprese che abbiamo interpellato ha un rapporto con il committente limitato esclusivamente alla fornitura di un servizio, senza alcuna forma di collaborazione».
«A questo, prosegue tartaglione, si aggiunge una forte dipendenza dal principale committente: il 31% delle imprese realizza il 50% del proprio fatturato con il suo primo committente. Le piccole e medie imprese devono concentrarsi sull'innovazione di processo e prodotto proprio come le grandi. Per questo diventa fondamentale la formazione. E qui purtroppo abbiamo registrato alcune note dolenti: nelle imprese con più di 500 dipendenti dell'industria in senso stretto 38 dipendenti su 100, secondo un rapporto Unioncamere-Ministero del lavoro, hanno partecipato ad un'attività formativa. Ma questo numero scende a 13 per il tessile-abbigliamento-calzature. E la situazione peggiora ulteriormente nelle piccole imprese. Complessivamente, nel 2005 solo il 4,7% dei lavoratori dell'intera filiera ha partecipato ad attività formative, un risultato che si attesta ben al di sotto della media dell'industria, che è pari al 16%, ossia un livello tre volte superiore».
Estratto da Il Sole 24 Ore del 17/06/07 a cura di Pambianconews