Incoraggiato e sostenuto dal governo turco, la scorsa settimana ha debuttato a Milano Nedret Taciroglu, stilista che, rappresentando l'eccellenza del made in Turchia a metà degli anni '80 aveva conquistato Nancy Reagan per la quale disegnò una piccola collezione esclusiva di abiti da sera di pelle. Con il suo progetto Nedo, sospeso tra moda e design, questa volitiva signora, porta il sogno dell'Oriente in una città pragmatica. Perché ha decorato gli abiti con preziosi disegni floreali ispirati alle maioliche del Topkapi, in un virtuosismo di ricami e applicazioni di cristallo. Alla serata è intervenuto anche il console Vefik Fenmen, a dimostrazione dell'interesse con cui l'ufficio presidenziale e il primo ministro Erdogan seguono questo progetto.
Ma a presentarsi sul palcoscenico internazionale con piglio di protagonista è l'intero settore del tessile-abbigliamento turco, che partecipa ormai a tutte le manifestazioni italiane. Durante MilanoUnica, la fiera che presenta il meglio del tessuto made in Italy, l'Itkib l'associazione degli imprenditori tessili turchi, ha presentato Texbridge, un'esposizione evento per illustrare i propri prodotti. Mentre alla sfilata collettiva per nuovi talenti organizzata dalla Camera nazionale della moda è stata invitata Evrim Timur, giovane stilista della mezzaluna che, infatti, trasformata in borsette e spille decorava tutti gli abiti.
Negli stessi giorni Balizza, marchio leader del made in Turchia, ha aperto a Milano la sua sede, nei confortevoli uffici che per anni avevano ospitato lo show-room dei gioielli Pomellato. Il marchio sarà disegnato da Stefano Guerriero a partire dalla collezione per il prossimo inverno.
Importante, per disegnare i contorni precisi del made in Turchia, sono i dati forniti dalla Itkid, che per prima cosa ricorda come il 53% del tessile biologico sia coltivato lì. Quindi, comunica i dati relativi al 2006: export relativo al tessile 5,5 miliardi di dollari, export del ready-to-wear 14 miliardi circa. Per quanto riguarda l'Italia, l'import del tessile turco è di circa 658 milioni di dollari a fronte di un export di 588. Per quanto appoggiato dal governo, che ha cercato di aiutare gli imprenditori con il taglio dell'Iva, la situazione del settore in Turchia è difficile, tanto che i maggiori imprenditori cominciano a delocalizzare: infatti lo stipendio medio di un addetto nel Paese è di 400 dollari, in Bangladesh il costo del lavoro mensile è di 50. Dunque, il problema reale diventa la regolamentazione internazionale del costo del lavoro.
Estratto da CorrierEconomia del 19/03/07 a cura di Pambianconews