Passata la bufera, l'industria salentina del tessile-abbigliamento e delle calzature è più smagrita, ma le aziende sopravvissute ora hanno spalle più larghe e soprattutto strategie mirate a uno sviluppo meno legato alle lavorazioni conto terzi e più orientato ai marchi propri, alla qualità e al completamento della filiera, con l'apertura di negozi di proprietà o in franchising.
Gli industriali leccesi stimano che negli ultimi cinque anni gli addetti espulsi dai settori del tessile-abbigliamento e delle calzature (Tac) siano stati circa il 60% dei 25mila del 2002. E anche le imprese hanno subìto una selezione darwiniana: alla fine ne sono uscite dimezzate. Nonostante il processo di delocalizzazione, nell'ambito dell'industria manifatturiera le imprese di questi settori pesano per circa un quarto.
Non hanno smarrito la via della crescita marchi consolidati come Meltin'Pot, casual, che dispone di brand propri, qualità e reti di vendita; il calzificio Megatex, che su alcuni brevetti realizzati in collaborazione con l'università, ha costruito i suoi marchi; Antonio Stefanelli di Leather Company che continua a curare la pelletteria di Ennio Capasa, stilista di Costume National. Barbetta industria abbigliamento, terzista di griffe come Boss, Zegna, Versace e Sander, ha risentito solo in parte della crisi. Più problematici nel calzaturiero i processi di ristrutturazione di Filanto e di Adelchi, i due giganti del triangolo Casarano, Tricase, Maglie.
Oggi, dopo la crisi, si assiste ai primi segnali di ripresa del tessile-abbigliamento e del calzaturiero e anche al ritorno del terzismo, posizionato però sui livelli medio-alto e alto del mercato. Per questo la Provincia ha promosso corsi di sartoria rivolti a giovani comunitari dell'Est.
Estratto da CorrierEconomia del 19/03/07 a cura di Pambianconews