A conquistare sempre più gli stranieri non sono soltanto le griffate made in Italy, anche i manager nostrani guadagnano sempre più terreno ai vertici delle grandi aziende internazionali della moda e del lusso. Hanno tra i 35 e i 60 anni, sono nati in Italia, hanno viaggiato, studiato e lavorato all'estero per la maggior parte della loro vita e oggi difficilmente dormono per più di una settimana nella stessa città, perché girano il mondo e le capitali della moda per seguire le strategie globali dei brand che rappresentano.
«Un po' di diffidenza c'è sempre: a Parigi e ancora di più a Londra dobbiamo lavorare il doppio per avere la stessa considerazione di un manager locale. Un po' come succede in tutto il mondo alle donne, ride Carlo Amario, AD (e socio) di Vivienne Westwood. Non mi stupisco di trovare tanti italiani ai vertici delle aziende del nostro settore. Il primo motivo è che la moda è caos organizzato, gli imprevisti e le variabili non ponderabili sono molte di più che altrove. E se si sbaglia completamente una stagione, si rischia di far fallire l'azienda. Noi siamo bravi a tenere insieme pezzi diversissimi di uno stesso puzzle, a seguire mille cose nello stesso momento e soprattutto non diciamo mai “questo non si può fare”. Siamo “multitask”».
Fabrizio Malverdi, 39 anni, è cresciuto professionalmente in Italia: dal 2000 ha lavorato per il gruppo Burani, dove, racconta, «ha fatto esperienza in molti settori, dal marketing alle licenze» e ha seguito la quotazione dell'azienda. A luglio del 2006 è stato chiamato a guidare la maison John Galliano. «L'Italia resta un punto di riferimento per chiunque lavori in questo settore: nel nostro Paese esistono tutte le capacità, dal design alla prototipia alla produzione, fatta all'interno di realtà flessibili e articolate come i distretti industriali. Ma forse manca la capacità di avere una visione, che in Francia invece c'è».
Mette le mani avanti, Corrado Brondi, 37 anni, prima manager ora imprenditore, ma sempre all'estero: «I francesi, dice sono molto selettivi sui manager italiani, nove su dieci non vanno bene, sono ritenuti poco strutturati. All'inizio magari c'è un po' di diffidenza, ma una volta conquistata la fiducia credono molto nel talento italiano, nella creatività e nella capacità di pensare out of the box, in modo non conformista. E nella grande sensibilità nei confronti della moda e del lusso che ci contraddistingue». Brondi nel 2000 ha fondato a Parigi Selelective Beauty, licenziatario e distributore di fragranze e prodotti cosmetici che in soli sette anni ha chiuso il 2006 con un fatturato di 152 milioni di euro.
Sull'intuizione creativa come elemento premiante per i manager italiani insiste anche Michele Scannavini, 47 anni, una vita divisa tra Parigi e New York, presidente di Coty Prestige (1,7 miliardi di dollari di fatturato), una divisione del più grande gruppo mondiale nel settore che viene riconosciuta come spiccatamente italiana, aggiunge, è la particolare sensibilità per prodotti dove l'estetica e il bello costituiscono un valore aggiunto importante».
Estratto da Il Sole 24 Ore del 10/03/07 a cura di Pambianconews