In tre punti, la ricetta per lo sviluppo di un'economia zavorrata da un eccesso di paure e di burocrazia, lui la sintetizza così: «Educazione, legalità e meritocrazia». Chi parla nella sede della Confindustria fiorentina, è Santo Versace, presidente di Versace. Primo attacco: «Mio padre mi diceva: Santo, ricordati che il posto fisso è solo al cimitero». Lui racconta che per lavorare non ha aspettato la laurea, è entrato in banca, è salito in cattedra, è diventato ufficiale di cavalleria, commercialista e poi, più in là, il salto nel mondo della moda. «Non mi ha mai spaventato fare altri mestieri. Il lavoro non si perde, si cambia, ci si aggiorna e si riparte. Capito?».
Ha addosso gli occhi di una ventina di giovani imprenditori della Confindustria fiorentina, Santo Versace, 62 anni, presidente dell'omonimo gruppo: «Basta piangersi addosso, qui bisogna recuperare lo spirito del dopoguerra, ricostruire, come hanno fatto i nostri nonni: lavorare, lavorare, lavorare». Certo il sistema Italia, non aiuta: «Manca la libertà del fare, c'è troppa burocrazia, troppi politici e anche troppe province, serve uno Stato leggero e dinamico, non i tredici o quattordici livelli istituzionali che ci sono per esempio in Europa, non queste spaventose sovrastrutture».
Ieri Versace era a Firenze per parlare di creatività e di «Chiavi del successo»: «La prossima volta la conferenza la facciamo in un posto aperto, con tanta gente, magari anche in una piazza» suggerisce a Iacopo Morelli, il presidente dei giovani industriali, organizzatore dell'incontro. Versace è così, lo invitano a parlare di impresa ed economia e lui non sa stare nel perimetro, scavalca: spazia dall'etica sociale alla violenza negli stadi, all'anoressia: «E' una malattia, ma investe tutti i settori della società, mica solo la moda. I nostri modelli sono il ritratto della salute e della bellezza. La taglia 40? Tutto dipende dalla struttura fisica».
Estratto da La Repubblica del 16/02/07 a cura di Pambianconews