In India c'è già da tre anni e mezzo, e dallo stabilimento indiano esce il 40% circa della produzione. Un accordo di collaborazione «perché all'epoca firmare una joint-venture per le imprese straniere era assai complicato», dove la Stonefly ha messo sul tavolo il know-how tecnologico e la formazione della manodopera, e il produttore indiano la fabbrica e gli operai. Andrea Tomat (nella foto), numero uno del gruppo calzaturiero che ha i marchi Lotto e Stonefly, oltre che presidente di Unindustria di Treviso, nello sbarco in Asia è stato un precursore: in Cina è già presente da 15 anni, in India ha cominciato la ricerca di un partner cinque anni fa, ricerca che è durata un anno e mezzo.
Perchè in India? Tomat indica una serie di motivi: manodopera poco cara, presenza della materia prima, in questo caso il pellame, la lingua inglese, la prospettiva, e mercato locale, in crescita, quelli adiacenti. L'obiettivo è sviluppare nel giro di un anno anche la distribuzione. I tempi sono dovuti al fatto che Tomat è impegnato anche sul mercato cinese, dove sia Stonefly (che fattura 90 milioni di euro) sia Lotto (260 milioni di euro) sono presenti come produzione e distribuzione. In Cina Tomat vuole raggiungere i 100 punti vendita monomarca per Stonefly e 200 per Lotto nel girò due otre anni.
«È la Cina a correre di più, dice Tomat ,l'India è come la Cina di 15 anni fa, e comunque l'approccio culturale è diverso, fino a poco tempo era molto protezionista, e anche se il Governo ha cambiato rotta, una certa mentalità resta». Cina, aggiunge, è più flessibile e dinamica. Problemi di contraffazione, dice, esistono anche in India. E la legislazione indiana per la tutela dei marchi fino a poco tempo fa era complessa e tutelava molto le aziende indiane. «Ora sta cambiando, ma ci vorrà tempo per superare i retaggi culturali», dice Tomat, che in India vuole continuare a crescere.
Estratto da Il Sole 24 Ore del 10/02/07 a cura di Pambianconews