Affermata potenza economica, potenza strategica emergente, protagonista assoluta del nuovo multipolarismo che sta cambiando il mondo, l'India tende la mano a un'Italia che con qualche ritardo ne esplora le enormi potenzialità. «Romano Prodi è un mio vecchio amico e riceverà da noi una accoglienza calorosa», assicura il Primo ministro Manmohan Singh (nella foto). Ma il presidente del Consiglio, i quattro ministri, il presidente di Confindustria e gli oltre cinquecento imprenditori che da oggi saranno impegnati nell'articolata e lunga missione indiana, non troveranno ad attenderli soltanto sorrisi e disponibilità: alla porta del gigante India bussano le economie del mondo intero, e la competizione sarà fatalmente decisa da proposte e realizzazioni concrete.
Signor Primo ministro, in quali settori è possibile prevedere un incremento significativo dei rapporti economici italo-indiani?
Le nostre relazioni sono già buone, e sono in crescita. Imprese indiane investono in Italia nell'Information Technology, nell'automobile, nella farmaceutica, nel tessile, e imprese italiane investono in India nei settori dei macchinari, delle infrastrutture, della chimica, per citare soltanto alcuni esempi. Si può fare di più e vogliamo farlo, vogliamo accrescere la complementarità tra l'eccellenza italiana nel design e nella tecnologia e le capacità manifatturiere indiane. E nel contempo puntiamo a sviluppare ulteriormente, in vista di un nuovo accordo nel 2009, i nostri già eccellenti rapporti con l'insieme dell'Unione Europea.
Talvolta gli imprenditori italiani lamentano un accesso al mercato indiano non proprio agevole.
Tutto il business mondiale si affaccia da noi, e si comprende perché. Le nostre riforme continuano, siamo cresciuti dell'8 per cento negli ultimi due anni e nei prossimi quattro vogliamo arrivare al 10 per cento. Ma non ci montiamo la testa. Le regole di accesso al nostro mercato rispettano gli standard internazionali, e del resto il nostro interesse è di attirare il maggiore volume possibile di investimenti. Abbiamo problemi, certo. Come le infrastrutture e la produzione di elettricità. Perciò investiremo in questi settori 500 miliardi di dollari nella prossima decade. Può esservi utile saperlo.
Nessuna paura di un eccesso di domanda, dell'inflazione, dell'aumento dei salari e della scarsità di manodopera qualificata?
Ogni processo di crescita produce qualche squilibrio macroeconomico. Ma non sono preoccupato, perché in realtà la nostra strategia è prudente quanto basta. Lei parla di scarsità di manodopera qualificata, ma questo è vero soltanto in settori specifici, e stiamo provvedendo.
Estratto da Corriere della Sera del 9/02/07 a cura di Pambianconews