Sugli Champs Elysées arriva sempre il Tour de France. Qui si celebrano ogni anno la grandeur militare e la Rivoluzione. Qui, fra l'Arco di Trionfo e la Place de la Concorde, mezzo milione di persone di tutte le razze e di tutte le età afferrano ogni giorno briciole d'identità della Parigi da cartolina: cinema, teatri, discoteche, grandi alberghi, shopping center, ristoranti. Cinque chilometri di luci, traffico e seduzione ad ogni ora del giorno e della notte. Ma la «via più bella del mondo» sta cambiando anima e pelle, come capita a molte gloriose arterie del pianeta, quando si passeggia su marciapiedi da ventimila euro al metro quadrato e quando gli affitti quadruplicano il prezzo in dieci anni. Seimila euro il metro quadro all'anno nel lato all'ombra e diecimila sul marciapiede al sole. Soltanto insegne famose, che si trovano ovunque nel mondo, possono permettersi queste cifre. Prima se ne vanno i residenti, poi traslocano gli uffici, quindi chiudono i battenti teatri, cinema e persino i ristoranti, per lasciare il posto a boutique e centri commerciali, con i giapponesi in fila a fare acquisti.
Risultato? Traffico e code di giorno, atmosfere sempre più anonime e rarefatte di notte. Qualche volta, anche insicure. Il cambiamento è culturale e antropologico. I parigini chic snobbano gli Champs Elysées. Molti turisti preferiscono le viuzze più raffinate di Saint Germain o del Marais. Secondo un'inchiesta di un settimanale, gli Champs Elysées hanno perso attrattiva per le classi medie: i prodotti di superlusso convivono con magazzini di jeans e scarpe da tennis, con fast food e paninoteche per i ragazzi della banlieue che calano il fine settimana sotto gli sguardi fin troppo assidui della polizia. L'arteria più bella del mondo comincia a ricordare Oxford Street a Londra o corso Buenos Aires a Milano. Si «banalizza» e si «desertifica», dicono i parigini che ci vengono sempre meno volentieri a passeggio.
Una mutazione così veloce da spingere il comune di Parigi a decidere una politica di tutela: delle caratteristiche e delle attività. Al grido di meno boutique e più cultura, la prima vittima è stata la catena svedese di negozi H&M che si è vista rifiutare l'autorizzazione ad aprire un grande magazzino. L'ultimo arrivato è Louis Vuitton, cinque piani di vetrine. La Vuitton ha chiesto di tenere aperto il megastore anche la domenica, ma la proposta ha trovato la ferrea opposizione dei sindacati.
Estratto da Corriere della Sera del 1/02/07 a cura di Pambianconews