Eravamo grandissimi, ora siamo solo grandi e rischiamo di perdere ancora terreno ma, se useremo intelligenza e creatività, potremmo tornare a prenderci la leadership incontrastata. E' più o meno questo il messaggio che le circa 10 mila aziende produttrici si sono date a VicenzaOro, in occasione della fiera invernale del settore che si è appena conclusa e che ha registrato un incremento delle presenze estere (futuri acquirenti, nelle speranze degli organizzatori) pari al 12%. Abbastanza per parlare di “inversione di tendenza” rispetto agli ultimi periodi. Quando le cose, appunto, si stavano mettendo abbastanza male.
La concorrenza dei paesi in via sviluppo, la terribile morsa di India e Cina in particolare, si fa sentire infatti anche nel settore del metallo giallo. I dati, impietosi, la dicono tutta sulla perdita di terreno: nell'export mondiale di gioielli l'Italia aveva una quota di pochissimo inferiore al 30% nel %u201896, scesa al 29,1% nel 2000 e secondo gli ultimi rilevamenti disponibili precipitata a quota 17%; al secondo posto c'è l'India, con un 11,7% di quota mondiale, ancora ben distanziata ma con un trend di crescita impressionante: in dieci anni ha letteralmente raddoppiato la propria quota di export. Cosa ancora più preoccupante, questa è la fotografia più completa e aggiornata del settore, ma non molto recente: i dati, infatti, si riferiscono al 2004. Nel 2005 con tutta probabilità le cose sono ancora peggiorate.
Eppure, per il settore orafo la partita potrebbe essere tutt'altro che persa e anzi qualche spiraglio di ottimismo comincia di nuovo a circolare. Non a caso, le stime per il bilancio aggregato di settore, realizzate dalla società di consulenza Pambianco, ipotizzano per il 2006 un aumento del fatturato intorno al 6-7% e un incremento degli utili netti intorno al 3-3,5%. Per il 2007 i segnali di miglioramento sono ancora più forti, secondo Pambianco, e si rifletteranno positivamente su giro d'affari e redditività delle aziende. La ricetta per uscire dall'empasse, dalla concorrenza a basso costo dei paesi come India e Cina, è più o meno la stessa di altri settori del made in Italy: occorre puntare tutto sul lusso, sull'alto di gamma, sul marchio (“la brandizzazione” del settore) e su un marketing che caratterizzi molto l´oggetto, anche come canale di vendita (negozi monamarca, angoli specializzati all´interno di grossi complessi).
Estratto da Affari & Finanza del 29/01/07 a cura di Pambianconews