Coloranti di bassa qualità, etichette fuorilegge, additivi chimici dannosi per la salute, troppa formaldeide nei tessuti. Per queste ragioni, nei giorni scorsi le autorità di controllo del commercio di Shanghai hanno dato semaforo rosso ad alcune griffe della moda e del lusso internazionale. L'accusa cinese è pesante: Giorgio Armani, Max Mara, Zegna, Burberry, Gucci, Dior, Chanel e Ralph Lauren avrebbero importato oltre la Grande Muraglia prodotti che non rispettano gli standard di qualità imposti da Pechino per il tessile-abbigliamento.
Il problema è nei tessuti, ed è comunque un problema che nasce in Cina. Non è un mistero che oggi la quasi totalità della materia prima utilizzata nelle confezioni griffate è made in China. Compresi i cattivi coloranti e gli additivi nocivi. Quindi, qualcuno potrebbe non aver controllato con sufficiente rigore la filiera.
Questa singolare vicenda offre uno spunto di riflessione su un tema di più ampio respiro: la paura della Cina per l'apertura del proprio mercato alla concorrenza internazionale. In questo quadro, un settore particolarmente sensibile è quello della distribuzione, da sempre off-limits per gli operatori stranieri.
In base agli accordi Wto, la Cina dovrà aprire sempre di più il retail alla competizione straniera. Ciò significa che chiunque, oltre a produrre oltre la Grande Muraglia, potrà aprire negozi di proprietà, se non addirittura catene di negozi, per vendere direttamente sul mercato domestico. Senza intermediari locali come accaduto fino ad oggi. Per la Cina si tratta di un cambiamento epocale, destinato a sconvolgere gli equilibri di un comparto poco efficiente e abituato da sempre a operare in condizioni di semimonopolio. Non ci sono dubbi: lo sbarco in forze degli stranieri spazzerà via gran parte degli attuali operatori cinesi della distribuzione.
Questa paura quasi ossessiva spiega l'atteggiamento sempre più difensivo adottato dal Governo cinese negli ultimi tempi. Una paura che si traduce in regolamenti sempre più severi in materia di “standard” sulle merci di importazione e in controlli sempre più serrati alle frontiere e alle dogane. Nessuno ha niente da eccepire. Basta che si tratti di regolamenti chiari e certi. E soprattutto uguali per tutti.
Estratto da Il Sole 24 Ore del 24/01/07 a cura di Pambianconews