«Sogno un mondo ridisegnato», dice Alberto Alessi, «ne sono certo, la faccia del mondo potrebbe cambiare». «Potrebbe cambiare davvero, il mondo, se solo l'industria sapesse davvero aprirsi alla creatività. Cambiare in meglio, perché il bello migliora tutto attorno a sé. E ogni giorno io cerco di fare proprio questo, reinventare un piccolo pezzo di mondo: ogni mattina, quando apro gli occhi, so che vedrò un disegno nuovo o un nuovo designer. E mi piace, molto».
Benvenuti nella «fabbrica estetica» dei signori Alessi, 100 milioni di fatturato 2006, a Omegna. Alberto è AD e direttore generale creativo, 60 anni, co-timoniere dell'azienda insieme con il fratello Michele, che invece è direttore generale per la produzione, mentre sono entrambi amministratori delegati della holding di famiglia. Un terzo fratello, Alessio, è direttore commerciale e un cugino, Stefano, direttore acquisti.
Non siete grandi abbastanza per quotarvi in Borsa?
In passato ce l'hanno proposto, ci abbiamo anche pensato seriamente, ma per ora no: non ci serve. Non che siamo contrari di principio, è che deve servire per qualche grande finalità. Che ne so, se dovessimo fare una grande acquisizione.
Ci avete mai pensato?
Anni fa avevamo preso seriamente in considerazione Venini e Richard Ginori. Poi non se n'è fatto niente. Ma continuiamo a seguire con attenzione queste nuove aggregazioni di grandi marchi italiani di medie dimensioni, quello che sta facendo per esempio il fondo Charme di Montezemolo: Frau, Cappellini, Cassina. Sono idee interessanti.
E per quanto riguarda la concorrenza internazionale?
In Italia vendiamo solo il 40% della nostra produzione. Il resto parte per Europa, Giappone e Stati Uniti. Abbiamo filiali commerciali dirette in Germania, Gran Bretagna, Usa e Francia. E poi la Cina. Stiamo investendo nel Far East. Abbiamo preso un'area manager. Ci puntiamo molto, per il futuro.
Anche per produrre laggiù?
Non l'acciaio stampato a freddo: quello è il nostro mestiere di sempre, si fa qui. È la tradizione dei tiralastre. Cento passaggi in pressa per una caffettiera. Tecnologia antica, semplice; capacità umane rare, anche quattro o cinque anni di apprendistato per diventare stampista. In più, progettiamo e ingegnerizziamo tutto qui. Ma per i materiali diversi dall'acciaio, affidiamola produzione all'estero, come la porcellana in Germania e Cina. La plastica in Italia, Francia e Cina. Vetri e cristalli qui vicino, in Val Strona, ma non direttamente: però è poca roba, quasi gadget.
Estratto da Economy del 8/12/06 a cura di Pambianconews