Sarà la prova del nove. Sul nuovo amministratore delegato di Benetton Group si misurerà la reale capacità della famiglia di fare quel passo indietro annunciato dal patriarca Luciano tre anni fa e che oggi, dopo le dimissioni di Silvano Cassano avvenute lunedì scorso, sul mercato si teme sia messo in discussione. Sarà un test, soprattutto, per Alessandro Benetton (nella foto), il figlio secondogenito di Luciano, già da tempo indicato come il rappresentante della nuova generazione della famiglia in Benetton Group.
Mentre dentro e fuori l'azienda si teme un ritorno al passato, tanto che nei giorni scorsi era circolata anche l'ipotesi, totalmente smentita a Ponzano Veneto, di un possibile incarico da amministratore delegato allo stesso Alessandro Benetton, tutte le fonti, ufficiali e non ufficiali, vicine alla famiglia proprietaria ribadiscono che il progetto di affidare la gestione di Benetton Group a manager dotati di autonomia non è affatto tramontato. Tutt'altro. E che, anzi, la cultura e i trascorsi professionali di Alessandro, studi all'estero e il lavoro nel private equity con la sua creatura 21 Investimenti, spingono ancora di più in questa direzione. Ma è certo che questi tre anni hanno dimostrato quanto fare un passo indietro non sia cosa semplice.
I temi di discussione sono almeno due. Uno, interno a Benetton Group, riguarda i tempi del passaggio di consegne tra Luciano e Alessandro che fonti vicine alla famiglia indicano non immediato. L'altro riguarda la leadership futura di tutto l'universo Benetton, quindi il mondo che oggi è racchiuso sotto Edizione Holding. Ed è ragionando su questo secondo piano che grande attenzione ha avuto la recente, e prima, intervista di Sabrina Benetton. La figlia di Gilberto, l'uomo che governa su Edizione, ha detto con chiarezza che vede il proprio futuro in azienda.
Sabrina, secondogenita di Gilberto, ha lavorato nelle aziende del gruppo, come Autogrill; poi, nel 2003 insieme agli altri Benetton è uscita. Una decisione «giusta», ha detto, la seconda generazione è numerosa «sedersi allo stesso tavolo e mettersi d'accordo è dura. Se vogliamo anche fare i manager, potrebbe diventare impossibile».
Estratto da CorrierEconomia del 20/11/06 a cura di Pambianconews