Ha vissuto la trasformazione della sua azienda da un'impresa a conduzione familiare, costituita negli anni '80 da 5 negozi e 150 dipendenti, in un colosso che nel 2005 ha fatturato 919 milioni di euro, con un utile netto di 116,4 milioni. Flavia Spena, romana, ha già trascorso 17 dei suoi 47 anni in Bulgari, una delle più importanti società operanti nel settore del lusso, e dal 1992 ne è a capo delle risorse umane.
Qual è la caratteristica più importante della vostra società?
«Sicuramente l'internazionalità del nostro mercato, dato che il Gruppo Bulgari è presente con 43 società in 22 Paesi. Tutti gli strumenti delle Risorse umane devono quindi tenere conto della diversità delle realtà nelle quali operiamo: per questo lavoriamo soprattutto sullo sviluppo di cultura, valori e competenze, tre elementi che possono essere comuni a livello mondiale».
Com'è composto oggi il vostro organico?
«Attualmente lavorano 3000 dipendenti, per il 30% italiani, con un'età media di 36 anni. Circa il 20% è composto da manager, il 65% è impiegato nei nostri 200 punti vendita, e il 15% è impegnato nella produzione. Nel settore della moda il personale è soprattutto femminile: i nostri lavoratori, sia nei servizi che nell'area manageriale, sono infatti per il 62% donne».
Prevedete programmi di valutazione del personale?
«Tutti i dipendenti, ogni anno, definiscono con i capi i loro obiettivi: seguono poi revisioni e colloqui semestrali. Per i manager prevediamo un programma a 360 gradi, che comprende la compilazione di un questionario valutativo sia da parte dei capi che dei collaboratori: non uno strumento punitivo, ma un incentivo a migliorarsi».
Come sono i vostri stipendi?
«Sopra la media: come politica salariale ci confrontiamo con le aziende che pagano meglio, e puntiamo a posizionarci nel 10% che paga di più. Il rapporto fra variabile e fisso per i venditori si attesta intorno al 30-40%, mentre per i top manager, in caso di raggiungimento di obiettivi straordinari, si arriva anche al 50%».
Come vi ponete nei confronti delle stock option?
«Le abbiamo utilizzate tantissimo fin dal '95, l'anno della nostra quotazione, non come uno strumento per dare del cash, ma per far sentire i dipendenti dei veri imprenditori. Purtroppo oggi sono soggette per legge ad una contribuzione: un provvedimento che non potrà che portare alla morte di questo strumento».
Estratto da Corriere della Sera del 27/10/06 a cura di Pambianconews