Il debutto delle griffe cinesi a Milano Moda donna supera in un sol colpo la cortina del mistero e l'esame del pubblico. Lily e Silique, disegnati da Lilun e Hong Wu, forti di un precedente parigino, hanno sfilato sabato scorso a reGeneration accanto agli indiani di Varuh Bahl.
Oggi tocca alla collezione P/E degli altri sei marchi, Rivers Side, Yeliya, Cathaya, Judger, Soho, Famory, a «Style China, a new Silk road», in calendario a Palazzo Mezzanotte a cura di Fondazione Italia Cina, ministero del Commercio cinese e Federazione della moda di Shanghai.
Utilizzando la genesi della seta, la moda cinese è allo stadio di bozzolo, della crisalide non si intuiscono i contorni, la farfalla chissà. Ai loro occhi, cioè dei cinesi, gli alieni siamo noi: troppo bravi, da studiare in religioso silenzio, con un occhio speciale all'idolo supremo: Giorgio Armani.
Parla per tutti Wang Xinyuan, segretario generale della Federazione della moda di Shanghai: «Appartengo alla first generation, ora tocca a loro. Milano, New York, Parigi vogliono dire design, produzione, distribuzione. Cose che possiamo fare in un colpo solo. Ma siamo qui perchè il fascino è qui».
Ma la notizia vera sta qui: dietro gli otto marchi ci sono altrettante aziende cinesi di inaudita potenza industriale e commerciale, dal filo al container, con fatturati enormi e una quota rilevante già rivolta all'export che il Governo ha deciso di supportare.
Estratto da Il Sole 24 Ore del 24/09/06 a cura di Pambianconews