Oggi i Ferragamo sono diventati un esercito tra nipoti e pronipoti del fondatore. E come sempre accade, quando l'azienda cresce i discendenti si moltiplicano, gli interessi dei singoli si allontanano e bisogna riscrivere il futuro con nuove regole e strategie. «Ci siamo visti, confrontati e a maggio sono arrivate le decisioni», ha detto Ferruccio Ferragamo, da 22 anni ad del gruppo fiorentino. «L'azienda non deve diventare una prigione, ciascun erede deve essere libero di scegliere se restare o uscire». In via Tornabuoni, quartiere generale della griffe, si prepara infatti una rivoluzione a tre stadi. Subito le deleghe operative a un manager esterno, la prima volta nella storia del gruppo, poi la quotazione in Borsa per permettere agli eredi di gestire il patrimonio in libertà: «Magari già alla fine del prossimo anno, ma solo se i mercati saranno in grado di premiare l'azienda e avremo raggiunto gli obiettivi di business che ci siamo posti», dice Ferragamo. Infine, la riscrittura dei patti di famiglia che disciplinano la cassaforte Ferragamo finanziaria e le regole di governance.
Lunedì 2 ottobre Michele Norsa, 58 anni compiuti ad agosto, si insedierà come amministratore delegato e direttore generale della Salvatore Ferragamo Italia (Sfi), la capofila operativa che secondo le stime interne chiuderà il 2006 con 600 milioni di ricavi in crescita di circa il 12%. Ferruccio Ferragamo farà un passo indietro e assumerà il ruolo di presidente con la madre Wanda presidente onorario. La famiglia svolgerà il ruolo di azionista e affiderà nelle mani di Norsa il compito di creare nuovo valore. La semestrale indica già un fatturato in aumento (a cambi correnti) dell'11,8% a 299,6 milioni realizzati attraverso 232 negozi (11 in più rispetto allo scorso anno) nei quali il gruppo ha convogliato buona parte dei 27,2 milioni investiti nell'anno. Il business profumi (iniziato con Bulgari dalla quale poi la Ferragamo ha divorziato) è incoraggiante: a fine anno è prevista una crescita dei ricavi fino a 58-60 milioni dai 27,2 del 2005. Il core business restano borse e scarpe (69% delle vendite) e su quelle si continua a puntare.
Può bastare per sbarcare a Piazza Affari? «Il nostro competitor di riferimento è Hermès. Per qualità e mix dei prodotti, notorietà del marchio», sostiene Ferragamo. Applicando i multipli attesi nel 2006 del brand di Parigi (14,7 volte l'ebitda), la maison di via Tornabuoni potrebbe avere un enterprise value di 1 miliardo, un valore vicino a quello netto, visto che la Sfi non ha debiti. A livello di price earning (Hermès ha un multiplo di 26 volte l'utile netto) il valore si collocherebbe tra 1,1 e 1,2 miliardi. «Ma c'è ancora del lavoro da fare prima del debutto in Borsa», sottolinea Ferragamo. Che spiega: «Bisogna rendere la logistica più efficiente e tempestiva, far emergere tutta l'attualità del marchio, lavorare su alcuni mercati come India, Cina e Sudamerica. E questo sarà il lavoro di Norsa».
Estratto da Il Mondo del 15/09/06 a cura di Pambianconews