Il fatturato del tessile italiano, tra il 2001 e il 2005, è mediamente sceso e la redditività ha perso punti. Guardando più nel dettaglio, si scopre che la situazione è tutt'altro che omogenea. Lo dimostra uno studio effettuato in occasione della fiera Milano Unica che apre oggi.
Partendo dai tessuti di lana, i ricavi hanno perso 14 punti, da 100 a 86 (in base all'indice 2001=100) e la redditività, cioè l'ebitda, è scesa da 15,4% a 12,9%. Un andamento non brillante ma neppure disastroso. Ma per le aziende cosiddette “industriali”, quelle che vendono tessuti a un prezzo medio piuttosto basso e senza etichetta, se la contrazione del fatturato è in linea con la media, la redditività precipita dal 12,7% del 2001 al 6,8% del 2005. Quasi metà della media. Per chi invece produce tessuti di lana più “nobili”, con una propria etichetta, dal 2003 il fatturato è risalito (anche se non ha ancora raggiunto i livelli del 2001) e nel 2005 la redditività ha toccato il 18,4%, superiore al 17,9% di cinque anni prima. In questo caso, dunque, le prospettive sono oggi più solide e forti di cinque anni fa.
Quanto ai tessuti di cotone, in cinque anni il fatturato è rimasto sostanzialmente costante ma a scapito della redditività, scesa da 10,4% a 7,5%. Anche qui con una netta differenza tra produttori industriali e produttori di qualità: i primi hanno ridotto le vendite di poco (da 100 a 93) ma l'ebitda è caduto da 9% a 5,9%: i secondi, invece, hanno leggermente recuperato sui ricavi e hanno contenuto la perdita di redditività (scesa da 11% a 8,3%).
Concludendo, dunque, dai dati emersi si evince che sul prodotto “nobile” la domanda non è in calo e i volumi del made in Italy sono in crescita.
Estratto da Il Sole 24 Ore del 12/09/06 a cura di Pambianconews