Adesso che a Milano la giunta Moratti è definitivamente insediata, con i suoi sedici assessorati nuovi, è ufficiale quello su cui si è tanto dibattuto: dell'assessorato alla Moda non c'è più traccia e dalle competenze è scomparsa persino la parola. Se proprio il Comune sentirà l'esigenza di occuparsene o se qualche iniziativa di stilisti e industriali susciterà l'interesse dell'amministrazione, potrebbero intervenire forse Tiziana Maiolo (Attività produttive), forse Massimiliano Orsatti (Turismo, marketing territoriale e identità, qualunque cosa quest'ultimo termine significhi). Forse anche Luigi Rossi Bernardi (Ricerca, innovazione e capitale umano). O, se si tratta di edilizia, Carlo Maria Giorgio Masseroli (Sviluppo del territorio) o Giovanni Verga (Casa). E, se dovesse incrociarsi con la cultura, è pronto Vittorio Sgarbi.
Letizia Moratti ha diversamente suddiviso i compiti, senza che questa scelta suscitasse particolari reazioni nella Camera della moda o tra i grandi nomi del settore. Tanto che qualcuno ha commentato: che senso ha un assessorato alla Moda quando non abbiamo mai sentito l'esigenza di dedicarne uno al design? Sepolta con un discreto cinismo l'iniziativa che al suo nascere era stata salutata come la dimostrazione di un gesto politico, è giusto chiedersi: a che cosa serve un assessorato alla Moda? Perché, se è vero che a Milano si concentrano le attività di presentazione, coordinamento e marketing del settore, è però evidente che si tratta di un'attività nazionale che, pur in sofferenza da quattro anni, ha un saldo commerciale attivo di oltre 11 miliardi di euro. Cifra che ne fa un comparto di assoluta importanza per i conti economici non particolarmente brillanti di questo Paese, ma che non gode ancora della giusta reputazione.
Fenomeno mondiale, la moda pone comunque un problema vero a Milano: capire quale è la sua vocazione. Il software creativo design moda comunicazione? Oppure la ricerca? L'università, come ipotizzava in alternativa Piero Borghini, sindaco nell'ultima giunta di sinistra e ora in quota Moratti. L'industria va da chi la sceglie e, se Milano non ritiene di trarne vantaggio, la moda può anche spostarsi altrove. Ma il gioco non si fa certo su un assessorato.
Estratto da CorrierEconomia del 26/06/06 a cura di Pambianconews