Saranno le imprese calzaturiere a trainare la ripresa italiana? Da quanto risulta nella ricerca che il vice presidente della Fondazione Edison Marco Fortis ha illustrato ieri a Milano nel corso dell'assemblea annuale dell'ANCI, proprio da calzature e autovetture vengono i segnali di una prima ripresa dell'industria italiana, soffocata in generale da crisi di competitività e perdita di quote di mercato mondiale, ritardi nell'internazionalizzazione e nel settore ricerca e sviluppo, inefficienza del sistema paese e la sempre più colpevolizzata piccola dimensione delle imprese nazionali.
Una prospettiva che accentua l'ostilità dichiarata dall'Associazione Nazionale Calzaturieri Italiani nei confronti di un'Europa colpevolmente distratta sulla difesa dell'etichettatura d'origine e le strategie antidumping, come spiega Rossano Soldini, presidente di ANCI: “Deindustrializzare il manifatturiero sembra essere diventato un obiettivo prioritario di Bruxelles, e il frutto diretto del cedimento alle pressioni e agli interessi delle potenti lobbies degli importatori e dei distributori dei paesi del Nord Europa, che ormai dominano la politica commerciale della UE. Cosa meglio del silenzio sull'origine consente il permanere di corposi interessi commerciali che passano attraverso omesse informazioni e quindi inganni al consumatore? L'Italia è la nazione più danneggiata, avendo la più alta percentuale di aziende e addetti occupati nel manifatturiero. Poiché la prossima riunione sul Made in a Bruxelles è il 14 giugno, chiediamo al governo, ai sindacati e a Confindustria il massimo impegno”.
Non solo provocatoria, la proposta di ANCI è quella di fare appello ai singoli governi dei paesi europei per istituire l'obbligo del marchio di origine sui prodotti extra-UE in attesa di un regolamento comunitario. Parallelamente Soldini richiama all'impegno istituzioni pubbliche e mondo politico italiano, ricordando: “In un'Italia che nel 2005 ha chiuso con un passivo della bilancia commerciale di 10 miliardi di euro il calzaturiero rappresenta da sempre una delle poche positive eccezioni. Dopo i 3,6 miliardi di euro del 2004, nel 2005 il saldo in valore ha registrato un attivo di 3,2 miliardi di euro. Questi risultati importanti sono stati raggiunti da un settore che per l'85% è costituito da aziende con meno di 20 dipendenti. Noi dunque siamo uno dei punti di forza di quel sistema di piccole e medie imprese italiane che crea ben il 90% del PIL e rappresenta il 90% degli associati in Confindustria e il 60% dei suoi contributi”.
Estratto da Modaonline.it del 8/06/06 a cura di Pambianconews