“In questo momento, afferma Bruno Pacini, responsabile settore lusso clienti large corporate di Banca Intesa c'è grande attenzione per le aziende della moda e del lusso, a cui guardano con interesse i fondi di private equity, reputandole in alcuni casi un ottimo investimento. Allo stesso tempo, anche alla luce degli attuali multipli, alcuni gruppi del settore tornano a pensare alla quotazione in Borsa”.
Dottor Pacini, alcuni operatori credono che ci sarà un consolidamento. C'è, ad esempio, chi indica Bulgari come possibile preda, anche se la famiglia azionista non ha alcuna intenzione di cedere il controllo.
Bulgari (che da inizio anno è scesa in Borsa del 4,18% ndr) è un'azienda già quotata, ben condotta e con un marchio molto forte. Malgrado sia un campione nazionale, il gruppo ha tuttavia un limite dimensionale che lo rende appetibile per colossi come Richemont, Lvmh, Ppr o Swatch.
Il lusso sta tornando a correre?
C'è una ripresa nel settore, che dal settembre 2001 aveva molto risentito dell'andamento congiunturale. La globalizzazione ha ulteriormente aperto i mercati ed, unitamente ai nuovi flussi turistici emergenti, ha permesso una ripartizione dei fatturati più per nazionalità che per aree geografiche. A Milano, nel quadrilatero della moda, questo fenomeno è evidente: le vendite sono in crescita e a comprare non sono soltanto americani e giapponesi, ma anche i “nuovi ricchi”, come russi, indiani e cinesi.
Il peso dei manager è aumentato?
I grandi gruppi italiani del settore sono sempre stati caratterizzati da una connotazione familiare. Per affrontare le sfide globali, hanno dovuto dotarsi di una struttura manageriale adeguata, necessaria in un settore capitai intensive come il lusso.
Estratto da Plus – Il Sole 24 Ore del 3/06/06 a cura di Pambianconews