«Il brand è una promessa. Anche il piano industriale è una promessa. La mia permanenza nel gruppo Pomellato è strettamente legata al rispetto del piano di qui al 2012. Nel caso in cui gli azionisti di riferimento decidano cambiamenti in corsa, come ad esempio la quotazione, potrei lasciare». A parlare è Francesco Minoli, amministratore delegato di Pomellato che, di recente, ha ceduto il suo pacchetto di azioni nella società (1'8%) all'azionista di controllo Pino Rabolini che così ha portato la sua partecipazione al 76%.
Cedendo le sue azioni, Minoli ha preso le distanze dal punto di vista societario, anche se rimane legato al gruppo che dopo il suo arrivo (1999) ha sensibilmente migliorato i conti. «Quando sono arrivato, ricorda Minoli, il gruppo registrava una perdita di 500mila euro e una posizione finanziaria netta negativa di circa 35 milioni. Il fatturato consolidato era 50 milioni. A fine 2005, il fatturato è 104 milioni. Dalla perdita siamo passati a 13,2 milioni di utile netto, mentre l'indebitamento è calato a 5 milioni».
II piano fino al 2012 prevede la crescita interna del gruppo («non per linee esterne», sottolinea Minoli) e investimenti per circa 60 milioni di euro prevalentemente per finanziare l'organizzazione commerciale del gruppo e l'espansione del canale retail. «Gli obiettivi per il 2012 sono: ricavi a 219 milioni, quindi il raddoppio rispetto a oggi, e utili in linea con quelli attuali. In proiezione una trentina di milioni di euro. Adesso il gruppo Pomellato si affida per il 57% a concessionari italiani ed esteri e per il 34% a monomarca. Nel 2012 vorremmo portare i monomarca al 50 e i concessionari al 46%», conclude Minoli.
Estratto da Finanza&Mercati del 25/05/06 a cura di Pambianconews