Nel futuro prossimo ci sono lampade intelligenti che rispondono alle sensazioni e ai comandi vocali. Si accendono e si spengono chiamandole per nome. Ci sono anche apparecchi di illuminazione che cambiano colore e intensità della luce a seconda dell'umore delle persone con cui abitualmente vengono in contatto. Alcuni di questi prodotti, brevettati da Artemide, azienda italiana di illuminazione, sono già in commercio.
Ernesto Gismondi, presidente di Artemide, racconta inoltre che paradossalmente il mercato più grande per i prodotti di Artemide è la Cina, però di prodotti copiati. «A settembre ad un fiera di illuminazione ad Hong Kong negli stand c´erano un sacco di lampade simil-Artemide, racconta. Per non spendere neanche un soldo riproducono anche le foto direttamente dai nostri cataloghi». Intanto l´azienda ha aperto una sede a Shanghai e un negozio in una delle vie centrali del lusso per vendere alle signore e agli architetti cinesi gli autentici Artemide.
Gismondi quali sono le sfide che il design italiano deve affrontare?
«Innanzitutto l'Italia ha ancora la leadership in questo ramo d´industria. Ma dobbiamo muoverci nel capire come continuare ad esser primi e soprattutto come tenere lontano lo spauracchio delle copie in estremo oriente».
Qual è lo stato di salute del design a casa dei nostri competitor europei?
«Gli spagnoli sono diventati molto bravi e stanno crescendo. Quello dell´illuminazione è un mercato forte in Spagna. Si vende bene sia per le abitazioni private che per i luoghi pubblici. In Germania esiste un fortissimo industrial design. Le associazioni di settore fanno continuamente concorsi per allargare gli orizzonti progettuali, ma riescono a disegnare solo macchine industriali. In Inghilterra hanno fatto ottime scuole e sono bravi a insegnare il design, una cosa difficilissima da fare perché il design non ha regole. Hanno una grande ricchezza di applicazioni in ambito pubblico, negli uffici, nelle fabbriche, ma il design domestico come lo intendiamo noi non c´è. Hanno bravi designer che però vengono a lavorare da noi perché lì non c´è industria. E potrei continuare. Ma mi fermo per dire che l´Italia rimane la culla del design. Ma è ora di fare prodotti molto innovativi».
Come interpreta l´innovazione?
«La nostra ricerca, in Artemide, parte dal chiederci a che cosa serve un apparecchio d´illuminazione. Tutta l´attenzione è rivolta all´uomo che deve vivere in un ambiente nel miglior modo possibile. Non mi preoccupo di illuminare l´architettura, ma di stabilire il rapporto tra uomo, colore e luce. Lavoriamo da parecchi anni su questi temi. L´ultima evoluzione appena presentata al mercato è la linea My White light dove la ricerca è stata fatta sulla luce bianca delle lampade, su come adattarla allo stato d´animo e psicologico di una persona. Abbiamo fatto lunghe ricerche con l´Istituto del Sonno dell´Ospedale San Raffaele, il Politecnico di Milano, esperti in medicina del lavoro, psicologi e l´Artemide Research group. Abbiamo impostato il problema e gli abbiamo dato un´idea scientifica».
Si può chiedere ancora di più ad una lampada?
«La terza fase è riuscire a creare un rapporto interattivo tra quello che sente la persona e la risposta della luce. Io entro in casa e sono triste e la luce si modifica. Bisognerà indossare, un braccialetto o qualcosa di simile che comunichi alla lampada lo stato d´animo. Abbiamo investito due milioni di euro per tutti questi sistemi».
Estratto da Affari&Finanza del 15/05/06 a cura di Pambianconews