Etichetta d'origine e rinegoziazione degli accordi sulla Cina dopo il 2007. Sono questi i due punti principali discussi durante il convegno di Bruxelles del 25 aprile scorso sul tema della gestione del cambiamento nell'industria del tessile-abbigliamento. Un incontro che ha fatto registrare aperture da parte del Commissario Ue all'industria Giinther Verheugen il quale ha affermato che il settore viene visto come in una rapida e complessa fase di evoluzione che va adeguatamente accompagnata. "La Ue intende difendere il suo settore moda e in generale il suo manifatturiero", ha sostenuto Verheugen, "che oltre a prospettare sostegni alle aree tessili ha anche assicurato attenzione verso i due temi tuttora sui tavoli delle istituzioni europee: la rinegoziazione delle quote di import dalla Cina per il periodo successivo al 2007 e l'etichettatura di origine".
Quasi tutti i paesi del mondo (dagli Usa alla Cina) hanno l'obbligo di indicare da quale paese è prodotta la merce venduta. In Europa, invece, la questione non è chiara. C'è chi considera l'Unione europea come tale e quindi è contrario ad una distinzione tra i paesi e chi, invece, vuole difendere la propria produzione interna. L'Italia, ovviamente, è tra i secondi. Perché se il brand made in Italy ha un plus di attrattività rispetto al consumatore è chiaro che in assenza dell'obbligo di etichettare la provenienza del prodotto si corre il rischio di creare un mercato non trasparente che andrebbe a incidere negativamente sulla affezione dei clienti verso il prodotto italiano.
Per quanto riguarda la questione relative alle quote sull'import, gli accordi attualmente in vigore riguardano 10 tipologie tessili e si fermano alla fine del 2007. Più favorevole l'intesa Usa-Cina, che coinvolge un numero maggiore di categorie di prodotti e che si estende a tutto il 2008. È anche sulla base di quanto ottenuto dagli Usa che le associazioni di categoria del tessile chiedono alla Ue una rinegoziazione degli accordi che, quantomeno, prolunghino gli effetti dell'accordo attualmente in essere estendendoli al 2008.
Al congresso di Bruxelles si è parlato infine di stanziamenti insufficienti. A partire dal 2007, i tradizionali finanziamenti dell'Unione europea cesseranno e verranno creati nuovi strumenti cui le regioni dovranno adattarsi se vorranno attingere ai fondi comunitari.
Estratto da Finanza&Mercati del 9/05/06 a cura di Pambianconews