In una generale euforia da acquisizioni a livello mondiale, il lusso sembra prendersi un momento di riflessione. Il numero di operazioni non aumenta, sebbene il settore mantenga comunque una frequenza di merger and acquisition (m&a) di molto superiore al numero di compravendite registrate nell'epoca d'oro, alla fine degli anni Novanta.
Il comparto lusso, invece, dopo avere spinto sull'acceleratore nel triennio 2001-2003, da un paio d'anni sembra interrogarsi sull'opportunità di accrescere gli investimenti in Europa. Il trend del settore è confermato dall'osservatorio Pambianco Strategie di Impresa sui deal siglati in Europa trimestre per trimestre. Un monitoraggio allargato a ben oltre le società quotate in Borsa. Nei primi tre mesi di quest'anno, le operazioni sono in linea con quelle del 2005, qualche punto sotto quelle del 2004. Due esercizi in cui, peraltro, sui 12 mesi le m&a hanno ingranato la retromarcia dopo il record toccato nel 2003. Ma la leggera flessione, secondo Pambianco, «non significa la fine dell'epoca del consolidamento. Anzi, precisa il consulente milanese, il processo di aggregazione prosegue nei diversi settori della moda». Insomma, il contrasto con il boom di m&a in altri settori rischia di essere fuorviante.
Nei primi tre mesi del 2006, per esempio, sono rimaste invariate le operazioni che coinvolgono aziende italiane (14 in totale, vedi tabella). Tuttavia, secondo Pambianco, si sono ridotte quelle tra operatori nazionali (da 11 a 8), segno che nei giochi cresce il peso di player stranieri a caccia di spazi nel made in Italy. Una voglia di brand (e non di pezzi di scarto) che sta contagiando in modo crescente gli investitori istituzionali. A livello globale, la quota di m&a ricoducibile al private equity è passata dal 12% del 1998 al 20% degli ultimi due anni. Nel primo trimestre 2006, è salita addirittura al 28 per cento. Negli ultimi otto anni guidano la lista dei fondi più attivi un player inglese (3i con otto operazioni) e uno francese (L Capital con sette). Ma cominciano a giocare ruoli importanti anche gli istituzionali italiani di più recente fondazione: come Opera (cinque operazioni, tutte in Italia), Hopa (6 ) e Charme (3).
Estratto da Finanza&Mercati del 14/04/06 a cura di Pambianconews