E' un periodo di riorganizzazione per Miroglio, uno dei principali gruppi tessili italiani, che sta pianificando le regole future del governo della società e riflettendo sul ruolo della famiglia nell'impresa. Entro fine anno si attendono i risultati di questo riassetto che preannuncia grandi cambiamenti.
Per esempio, un ringiovanimento dell'impresa, dove manager di lunga tradizione Miroglio potrebbero lasciare il passo a dirigenti nuovi. Una riorganizzazione della divisione confezione, per stare al passo con la crescita delle catene specializzate che ha al proprio interno. Ma anche un riequilibrio del rapporto tra tessile e abbigliamento nel vertice dell'azienda, affiancando all'attuale AD operativo, Edoardo Miroglio, che da sempre ha il focus sul tessile, un secondo amministratore delegato operativo, Giuseppe Miroglio, suo cugino, che è invece il referente dell'abbigliamento. «È una delle ipotesi», conferma Edoardo Miroglio, che con Giuseppe, direttore generale divisione abbigliamento, spiega i ragionamenti in corso.
Si è parlato sul mercato di differenti visioni strategiche, tra chi vorrebbe puntare tutto sull'abbigliamento e chi invece non vuol perdere l'anima tessile nonostante su questo mercato si fatichi, e assai. Sintetizza Giuseppe: «In questo momento ci sono grandi cambiamenti e noi dobbiamo capire quale sarà l'indirizzo futuro. I nostri genitori sono anziani; abbiamo manager a loro volta abbastanza anziani; dobbiamo fare investimenti; e abbiamo parti da ristrutturare. Tutto questo, conclude, può portare anche a civili discussioni, com'è sempre accaduto anche tra i nostri genitori. Ma questo è tutto». Aggiunge Edoardo: «La Miroglio è un'azienda ben gestita, profittevole e di successo. Ed è comune a tutti noi l'idea che l'impresa dev'essere salvaguardata e preservata. Il motivo di riflessione è come gestirla al meglio».
I risultati 2005. 916 milioni di euro di fatturato, il 2,1% in più dell'anno precedente. Frutto, però, di due realtà diverse, come sottolinea la relazione al bilancio: da una parte tessuti e filati, che hanno risentito della crisi generale, dall'altra «un'ottima tenuta della confezione tradizionale e un sempre più marcato successo delle nostre catene specializzate». Così la divisione tessuti e filati ha avuto un calo del 4,5% dei ricavi, mentre nella divisione confezioni (Vestebene) ad andare bene è soprattutto il retail, cioè le catene di negozi gestite direttamente dove negli ultimi cinque anni sono stati investiti oltre 300 milioni di euro.
Estratto da CorrierEconomia del 3/04/06 a cura di Pambianconews