In soli 5 anni è riuscito a portare al successo la maison Lanvin, grazie alla sua abilità nel mixare passato e futuro con sensibilità fuori dal comune. Alber Elbaz è perfezionista, colto, spiritoso e possiede la rara capacità di creare vestiti che scompaiono addosso, lasciando il ruolo primario a chi li porta. E lo fa con un gusto e una ricerca così speciali che l'hanno spinto dritto nella lista dei magnifici sette dell'eleganza stilata da Vogue America, accanto a Marc Jacobs, Miuccia Prada, Stefano Pilati per Saint Laurent, Narciso Rodriguez, Oliver Theyskens per Rochas e Nicolas Guesquiere per Balenciaga.
«La mia regola è “less is more”, meno è di più», afferma lo stilista. «Sembra facile, non lo è. Chiudo le persiane da quando sono bambino, per proteggermi dal sole. Nel mio studio lavoro nel buio più completo, solo la luce di una micro lampadina. Un pò come i fotografi quando sviluppano i negativi. Con il buio si arriva a risultati differenti. Guardo i vestiti crescere riflessi allo specchio. Quando li vedo dal vero addosso alle mannequin e mi accorgo che scompaiono, capisco che vanno bene. Resta solo la faccia di chi li porta. Il più bel vestito del mondo non deve vedersi. Per me è valido ciò che resta vicino ai desideri delle persone. Quando un modello costa 2000 euro ci deve essere un motivo, stoffa e taglio non bastano. Se il prezzo è alto significa che contiene una porzione di sogno tale da renderlo unico. Per arrivarci cerco di prendere decisioni millimetriche, lasciare un taglio al vivo, mettere un nastrino in vita. In ogni particolare investo il massimo delle energie. Ma soprattutto mi confronto con quel che temo, cercando di renderlo femminile. Cammino, insomma, sul filo del rasoio, in bilico fra bello e brutto».
«L'immaginazione è il mio solo talento», conclude Elbaz. «Oggi la parola chiave nella moda è smart, intelligente. Negli Anni 90 c'era il silicone a rendere sexy le donne. Adesso seducono con il cervello. Quello, insieme alla consapevolezza delle loro fragilità le fa diventare irresistibili. Un mix che io cerco di vestire con capi multifunzionali, abiti che diventano camicie gonne, immagino in ogni pezzo una doppia vita. Per me la modernità è una storia di tensioni non di provocazioni».
Estratto da Affari&Finanza del 20/03/06 a cura di Pambianconews