Il calendario 2006 di Patrizia Pepe è già fitto di appuntamenti. Entro fine mese verrà inaugurato il negozio di Anversa, a febbraio è la volta di Tokyo e del nuovo corner alla Galèrie Lafayette di Parigi, e a marzo Saint Tropez. «Tra la primavera e l'estate, anticipa Claudio Orrea fondatore e presidente della Tessilform, società proprietaria del marchio, abbiamo in programma l'inaugurazione di altri sei nuovi monomarca tra Russia, Cina, Turchia ed Emirati Arabi». Poi, entro l'autunno il brand italiano del lusso accessibile, bisserà in Grecia e Turchia. «A Istanbul, precisa Orrea, abbiamo debuttato a settembre 2005. ll risultato dell'iniziativa ci ha convinti ad aprire un altro punto vendita. Stesso discorso vale per la Grecia, dove già da un anno lavoriamo molto bene».
Con questa nuova ondata di aperture, prosegue di buon passo il piano di internazionalizzazione di Patrizia Pepe che a oggi, ha portato al 42 per cento la quota dell'export. «Già che siamo in tema di percentuali, prosegue Orrea, nel bilancio 2005 prevediamo una crescita di fatturato del 15% a quota 85 milioni di euro contro i 69 milioni dell'esercizio 2004».
II tema caldo degli ultimi anni è l'etichettatura di provenienza. Possiamo dire che il brand Patrizia Pepe è davvero made in Italy?
«Lo posso affermare tranquillamente: il 95 per cento delle collezioni disegnate e progettate nel cuore di Capalle, viene prodotto nei laboratori italiani dei migliori distretti tessili». «L'altro 5% riguarda i ricami, e alcune applicazioni molto particolari, che vengono fatte in Cina, dove risaputamente queste cose le curano bene. E a prezzi competitivi» .
Viste le buone performance della, chiamiamola prima linea, di Patrizia Pepe, sia nella storica donna che nel recente uomo, non pensate di sfruttarne le potenzialità, creando altre linee?
«Sono contrario alla diversificazione di un marchio che ha sue caratteristiche specifiche. Distintive. Si rischia di diluire la creatività. Non a caso abbiamo scelto per la donna Patrizia Pepe di fare solo tre taglie: 40,42 e 44. Semmai possiamo pensare di creare nuovi brand, per raggiungere nuove tipologie di clienti» .
Estratto da Affari&Finanza del 16/01/06 a cura di Pambianconews