Cresce la moda a Piazza Affari, ma meno della media mondiale del settore. Nei dodici mesi precedenti alla chiusura del 5 gennaio scorso i titoli italiani del comparto tessile, lusso e abbigliamento si sono apprezzati in media del 12,2 per cento. A fornire il dato è Pambianco Strategie di Impresa, società di consulenza a servizio delle aziende della moda i cui indici settoriali consentono interessanti confronti incrociati.
Non solo le aziende del settore quotate alla Borsa di Milano sono cresciute meno della media globale; nel complesso, i titoli italiani della moda sono anche quelli che hanno fatto segnare la capitalizzazione media più bassa. Un'ennesima conferma del tradizionale difetto di «costituzione debole», che rende incapaci le nostre imprese di competere con i big del mercato mondiale e di mettere pienamente a frutto la tradizionale eccellenza del made in Italy. Se infatti i gruppi italiani della moda sono cresciuti poco oltre il 12%, tra il 5 gennaio 2005 e il 5 gennaio 2006, nello stesso intervallo l'indice globale "lusso" ha fatto segnare un aumento del 37,6%, mentre l'indice globale "abbigliamento", che include anche i titoli dei settori calzature, pelletteria, occhiali e gioielli, ha registrato un progresso medio del 16,5 per cento. Meglio di tutti è però andato l'indice globale «tessile», capace di apprezzarsi in media del 46% nell'intervallo considerato. Se comparate agli andamenti nei principali Paesi con cui devono competere, le performance delle società italiane sono risultate migliori rispetto alle quotate del comparto moda inglesi (più 4,8%) e statunitensi (più 9,2°/). Lontanissime invece le percentuali giapponesi (più 62,2%), francesi (più 43,5%) e tedesche (più 35,8%).
Per provare a motivare le differenze potrà essere utile paragonare la capitalizzazione media e il numero di aziende considerate da ciascun indice nazionale. L'indice Pambianco Italia annovera 18 aziende con una capitalizzazione media di 625 milioni. L'indice più performante, quello giapponese, include invece 48 aziende, con una capitalizzazione media di 745 milioni. Nessuna delle quotate inserite nell'indice del Giappone, peraltro, appartiene al segmento del luxury: sono tutti titoli tessili o dell'abbigliamento. Il secondo miglior indice-Paese, quello transalpino, annovera solo 16 industrie, ma con una capitalizzazione media oltre cinque volte quella del paniere italiano: 3.300 milioni. Merito della presenza di due big, come Lvmh e Christian Dior, che capitalizzano assieme attorno ai 52 miliardi di euro.
A fronte di un numero leggermente superiore (20) di società rispetto a quelle inserite nell'indice Italia, l'indice britannico è quello con la seconda peggiore capitalizzazione: 714 milioni di euro.
Estratto da Finanza&Mercati del 12/01/06 a cura di Pambianconews