Gli imprenditori italiani di abbigliamento maschile, riuniti a Firenze per Pitti lmmagine Uomo, tornano a sorridere dopo anni di risultati deludenti e di ristrutturazioni aziendali che hanno ridisegnato la geografia delle produzioni: “II 2006 sarà un anno di crescita per il settore, si ripete tra gli stand della fiera internazionale inaugurata ieri, grazie alla ripresa dei mercati. Ma ad andare bene sarà soprattutto chi presidia la fascia alta. Per quella media e bassa la vita resta dura, e l'unica possibilità rimane quella di andare a produrre nei Paesi emergenti» .
«Per la prima volta dopo tre-quattro anni, dice Brumello Cucinelli, a capo di un gruppo specializzato nel cashmere, è chiaro che ci sono solo due possibilità: puntare su qualità, creatività e servizio, o mirare alla fascia bassa con gestione e stile italiani». Cucinelli ha scelto la prima strada e, con un fatturato 2005 in crescita del 14,7% a 71,7 milioni, per quest'anno prevede una crescita dell'11,5 per cento.
Diverso è il discorso per chi presidia le fasce medie: «In Italia queste produzioni non si possono più fare, spiega Giovanni Inghirami, presidente del gruppo di. famiglia che ha chiuso il 2005 con un fatturato stabile sui 220 milioni e vede prospettive migliori per quest'anno, non solo perché costano troppo ma anche perché le nuove generazioni vogliono fare lavori di più alto contenuto. In Italia resteranno la progettazione, l'innovazione e la ricerca».
«L'industria italiana dell'abbigliamento sta mollando il medio e basso livello, dice Raffaello Napoleone, amministratore delegato di Pitti Immagine, la società organizzatrice della fiera, e questo è un grave errore, indotto anche dalla carenza di una distribuzione adeguata a questi prodotti».
Estratto da Il Sole 24 Ore del 12/01/06 a cura di Pambianconews