“Il futuro di Biella? Un polo del lusso accessibile. Ovvero una fucina hi-tech e di alta qualità, capace di sfornare prodotti unici ma alla portata di tutte le tasche, o almeno di una larga fascia della popolazione. Solo così può uscire dalle sabbie mobili della stagnazione economica». La ricetta per il rilancio della provincia è di Franco Thedy, 36 anni, presidente dei giovani imprenditori del biellese.
Presidente Thedy, la crisi ha colpito duro in Piemonte. E in particolare nel Biellese, dove il tessile, l´industria principe locale, è stata travolta dall´apertura a oriente dei mercati e dalla progressiva riduzione delle barriere commerciali. In questo contesto ha ancora senso scommettere sul comparto dei filati?
«Assolutamente. Non c´è avvenire se al centro del nostro sviluppo viene a mancare il tessile. Certo le condizioni sono mutate rispetto al passato. E perciò devono cambiare le strategie, ma non il core business e la tradizione dell´area. Occorre quindi investire, e tanto, nell´eccellenza dei manufatti, nella competitività attraverso l´innovazione tecnologica, nella creatività e anche nella diversificazione delle risorse. Il tutto puntando sulla tracciabilità dei prodotti».
A questo proposito è nata a Biella la Fondazione “The art of excellence”, che identifica i tessuti e i capi d´abbigliamento dell´alta moda. La difesa dell´origine è sufficiente a frenare la concorrenza low cost?
«Il Made in Italy è uno dei nostri cavalli di battaglia, ma siamo ancora lontani da ciò che gli imprenditori vorrebbero. Dall´Unione europea ci aspettiamo più garanzie. Intanto le iniziative non mancano. Basti pensare a cosa è diventata la Città dell´Arte di Michelangelo Pistoletto, non solo un centro culturlae d´avanguardia ma anche un fabbrica di idee in grado di dialogare con il territorio e le sue imprese. Questa è anche tutela e valorizzazione dei marchi».
Resta il fatto che nel 2004 il numero di aziende cancellate al registro della Camera di commercio ha superato quello delle neo-iscritte. E la disoccupazione è salita dal 3 al 5,1%.
Come arginare questi fenomeni?
«Quando si parla di competitività si finisce spesso col discutere di costo del lavoro e di delocalizzazione. Invece un freno alla crescita è sempre più la carenza, per non dire l´assenza totale, di infrastrutture. Da anni la politica locale e regionale dibatte senza trovare soluzione sulla bretella che ci collegherebbe all´autostrada TorinoûMilano. Ma di concreto non spunta mai nulla. Per l´industria la mancanza di sbocchi veloci è una forte penalizzazione. L´altra questione in sospeso è quella dell´aeroporto di Ceriano. Ci sono tanti progetti in ballo, dal polo logistico per la Croce Rossa fino a quello per il porto di Genova: ci auguriamo che, grazie a opportuni investimenti, la struttura possa diventare uno scalo merci importante per tutta l´area».
Estratto da La Repubblica del 22/12/05 a cura di Pambianconews