Ancora una volta hanno battuto tutti d'anticipo: mentre a Roma si discuteva sui contenuti della Finanziaria che ne ridisegneranno l'identità, i distretti industriali italiani avevano già sul tavolo la propria «carta dei diritti e dei doveri». Un modello di vero e proprio contratto, alla stregua degli accordi tra società infragruppo, per regolare i rapporti tra chi deciderà di aderire alla nuova formula. Un documento intorno a cui sta lavorando lo studio legale Dla Piper Rudnick Gray Cary Italy.
In parole semplici, la Finanziaria aprirà le porte a una tassazione aggregata per le imprese del distretto, anche su base concordataria triennale.
Inoltre, la legge fisserà i paletti per favorire una gestione dei finanziamenti distrettuali: bond, cartolarizzazioni, fondi d'investimento dedicati. Una svolta epocale, la definisce Italo Candoni, segretario generale del Club dei Distretti, organizzazione storica che da ottobre ha deciso di darsi un tono ancor più «nazionale», cambiando il nome in Distretti Italiani. «Questa norma, interviene, darà una soggettivazione ai distretti che non era mai stata riconosciuta. E' senza dubbio una grande opportunità continua-siaperlepiccoleimprese sia per quelle più grandi».
La Finanziaria prevede una fase di sperimentazione per testare le novità per la quale Distretti Italiani si sta già muovendo. «Stiamo analizzando l'applicazione ai distretti, spiega Giulio Azzaretto (partner dello studio), del modello di fatturato consolidato infragruppo previsto dall'ordinamento italiano». In sostanza, il distretto viene considerato come un gruppo societario dove le controllate contribuiscono al consolidato. «Il problema, spiega Azzaretto, è che occorre introdurre un contratto tra le diverse imprese che, a differenza delle situazioni infragruppo, sono qui economie terze tra loro».
Estratto da Monthly del 22/12/05 a cura di Pambianconews