«I cinesi? Hanno salvato il distretto mantovano della calza». Detta così, suona come una provocazione. Anche se a parlare è uno che se ne intende, il sociologo Paolo Polettini autore, per conto del Centro servizi calza di Castel Goffredo, del Censimento 2005 del distretto della calzetteria femminile, presentato ieri.
E i timori sul rischio-Prato sulla concorrenza sleale dei laboratori di cucitura gestiti da cinesi, gli allarmi lanciati dal sindaco Anna Maria Cremonesi, che un paio di settimane fa aveva chiesto consiglio proprio alla giunta di Prato su come evitare che la locomotiva della calza finisca in mani orientali? «Non dico che i laboratori cinesi aperti nel distretto non abbiano creato qualche problema, precisa Polettini. Non ultimo quello di un aumento del “sommerso”, segnalato anche dalla nostra indagine, alla quale i cinesi non hanno dato risposte. Ma quei laboratori hanno probabilmente contribuito ad arginare una tendenza che, solo qualche anno, fa sembrava inarrestabile: quella a spostare all'estero certe fasi di lavorazione labour-intensive, come la cucitura. Tanto che già si parlava di meta-distretto, con la testa qui e le braccia in Romania o altrove».
Quanto a temere che, da terzisti della cucitura, i cinesi diventino i padroni del vapore, Polettini condivide lo scetticismo di uno dei big del settore, Adriano Rodella della «Pompea», per il quale il rischio non esiste. «In effetti, spiega il sociologo, il ciclo produttivo dei collant è molto complesso, fatto di varie fasi. Non è facile costruire un colosso dal nulla. E, oltretutto, a Castel Goffredo e dintorni si sta imparando non solo a produrre sempre meglio, rivolgendosi anche al seamless, l'intimo senza cuciture, ma anche a vendere meglio, fino ad arrivare alla creazione di negozi specializzati monomarca».
Estratto da Corriere della Sera del 16/12/05 a cura di Pambianconews