Dopo scarpe e vestiti, toccherà ai gioielli sbarcare in Cina con la formula Eurostreet, ovvero il distretto commerciale di Hangzhou (Shangai), vero concentrato del lusso Made in Italy, progettato e ideato dalla Fondazione Italia Cina un anno fa. Inaugurato a ottobre con un primo lotto di aziende del Made in Italy Zegna, Comeliani, Silvano Lattanzi, Ferrari, Alviero Martini, Armani, Dolce & Gabbana, Eurostreet guarda già a nuove tappe.
Alle aziende interessate la Fondazione offre scouting e assistenza logistica. In più la possibilità di entrare rapidamente e in maniera sicura nel mercato grazie a una società interamente non cinese costituita ad hoc. Una strategia che le aziende hanno mostrato di gradire, almeno a giudicare dalla sfilata di testimonial ieri alla presentazione milanese: mentre il presidente Cesare Romiti ribadiva, con i toni di chi ha vinto una scommessa, l'opportunità di investire sulla Cina, imprenditori partner del progetto hanno ribadito la bontà del metodo. Secondo Carlalberto Corneliani «due anni fa in Cina ci siamo andati, ma in maniera completamente diversa», mentre Silvano Lattanzi, scarpe di alta qualità, ha aggiunto, laconico: «Rispetto a Corneliani, da solo non ce l'avrei mai fatta».
«Italia e Cina rappresentano rispettivamente appena un terzo e un ottavo degli scambi reciproci, ha ricordato Alberto Bradanini, ministro plenipotenziario coordinatore del Comitato governativo Italia Cina. La Cina toglie clienti in Europa, non li ruba qui». E non è un motivo valido, sembra di capire, per centellinare i visti di ingresso. Mentre sulla contraffazione, ecco la lunga difesa di Zhang Junfang, consigliere commerciale dell'ambasciata a Roma: «Il nostro Governo, ha detto, sta facendo tutti gli sforzi per tutelare la proprietà intellettuale, la responsabilità è direttamente del vice primo ministro».
Estratto da Il Sole 24 Ore del 14/12/05 a cura di Pambianconews