Antonio Favrin è presidente degli industriali di Venezia. E, soprattutto, è a capo di un gruppo di aziende, Valentino, che a sua volta controlla Hugo Boss, che in Italia realizzano ormai ben poco del loro fatturato, meno del 10% dei ricavi (1,8 miliardi di euro il consolidato del 1004, prima della scissione dal ramo tessile Marzotto). Sull'economia è ottimista: «Abbiamo grandissime opportunità, in particolar modo come Nordest. Perché quella che stiamo vivendo è un'evoluzione profonda, ma non una crisi». Là dove non è ottimista, invece, è sui giovani. Anzi, dice che chi offre sicurezze ai giovani è falso. «Fa parte della natura umana avere paura di cambiare – dice Favrin -. Ma se è vero che dobbiamo capire e proteggere le persone di quaranta-cinquant'anni, con i giovani dobbiamo essere drastici: dimentichiamoci delle vecchie regole e sostituiamole con delle nuove. Per il loro futuro».
Ma nuove garanzie arriveranno finalmente anche nei Paesi che oggi non le offrono, come la Cina.
«E' vero, in Asia c'è già una maggior sensibilità per l'ambiente. Ma noi dobbiamo dirci che siamo di fronte a una redistribuzione della ricchezza mondiale, perché stiamo vivendo a carico di altre nazioni, oggi è la Cina, domani sarà l'Africa… E quindi o gestiamo questo cambiamento o ci verrà imposto. Si potrà avere un futuro se si capirà di dover lavorare in un modo diverso, con prodotti di più alta cultura, accettando sacrifici ed essendo disponibili a non essere più operai ma a evolversi. Quanto a noi imprenditori dobbiamo avere una dimensione per poter reggere la concorrenza. Quella che il territorio industriale manifatturiero italiano non è una crisi ma un cambiamento: prendiamone coscienza e gestiamolo».
Come, infrastrutture? Gli industriali lamentano sempre che non ce ne sono…
«…Saranno ancora insufficienti o incomplete, ma ci sono. Prenda il Nordest: si stanno incrociando il corridoio 1 e il corridoio 5, che vanno dal Nord Europa al Mediterraneo e dal Portogallo alla Russia… il Nordest è al centro di un quadrilatero da cui passerà un flusso di merci, tecnologia e cultura importantissimo. Abbiamo avuto la fortuna di esserne il baricentro. E abbiamo il porto di Venezia, quello di Chioggia che può essere molto sviluppato, Trieste… Sono realtà importanti, decenni di investimenti che dobbiamo capire e valorizzare. Perché dobbiamo fare autostrade quando abbiamo autostrade del mare che entrano nei Dardanelli, nel Mar Nero e si ricollegano ai Paesi asiatici? Ne abbiamo paura? Siamo in una economia globale, dialogheremo insieme, esporteremo e importeremo merci, tecnologie, uomini. C'è bisogno di grandi centri logistici, c'è tutto il mondo del retail da affrontare… O diamo una risposta. O, allora sì, siamo out».
Estratto da CorrierEconomia del 12/12/05 a cura di Pambianconews