Giambattista Valli, dopo una lunga a fortunata esperienza con Ungaro, ha creato un suo marchio e con due sole collezioni, ha conquistato 110 compratori tra i più importanti al mondo.
Valli, cos'hanno i francesi in più rispetto agli italiani?
«Da sempre la couture francese è improntata al massimo rispetto per chi lavora nel settore. E dunque, piccole e grandi firme convivono in perfetta armonia. Cosa che in Italia non si fa».
Come cambiare questa realtà?
«La cura è a portata di mano ed è quella praticata da sempre dai francesi. Ad aprire e chiudere la settimana della moda, devono essere grandi nomi. All'ultima edizione ha dato il via Dior e hanno chiuso, nello stesso giorno, Valentino, Yves Saint Laurent e Vuitton. É solo cosi che si riesce a garantire la presenza dei compratori stranieri e a permettere ai giovani di sfilare ed averse visibilità».
Cosa dovrebbe fare Milano per superare l'empasse del momento? L'ultimo calendario delle sfilate è stato molto criticato.
«Forse gli stilisti dovrebbero sedersi intorno a un tavolo e affrontare insieme il problema. Finora ha prevalso una logica individuale, della serie “scelgo un orario che vada bene a me per sfilare e il resto non conta”. I francesi non ragionano così».
Valli, lei sfila a Parigi ma è prodotto in Italia dal gruppo Gerani e distribuito dallo Studio Zeta di Milano.
«E qui sta la chiave del mio successo. Il mio “palcoscenico” è a Parigi, ma la struttura portante sta in Italia. La famiglia Gerani è lungimirante, ama lanciarsi in nuovi progetti e crede nei giovani. Ma non sono molti in Italia gli industriali che hanno una politica di aperture verso le nuove generazioni. Un peccato, perché il made in Italy per avere un futuro deve poter contare su forze nuove».
Estratto da Affari&Finanza del 31/10/05 a cura di Pambianconews