Il problema è uno solo: bloccare il dumping, la «concorrenza sleale», che arriva dal Far East, dalla Cina, soprattutto, e poi da India, Malaysia, Indonesia. Il dumping che invade il mercato italiano con scarpe a basso costo, che piacciono perché costano poco e quindi si vendono alla grande in tempi di crisi come questi. Con un problema, però, per l'economia: la concorrenza del Far East, e non solo, aggrava le tensioni già pesanti di questo settore manifatturiero. L'allarme che arriva dall'Anci, l'associazione nazionale calzaturifici italiani, è preciso. Se si va avanti così, senza dazi europei, senza correttivi, senza l'obbligo di indicare il Paese dove è stato realizzato il prodotto, il futuro sarà a crescita zero.
In Italia il 2,7 per cento delle aziende hanno chiuso i battenti, su un totale di 7500 attive nel settore, con un calo di addetti del 2,2, la produzione complessiva ha sempre il segno meno: -7.36 (281 milioni di paia contro i 303 del 2003) che corrisponde a un -3.58 di valore (6.195 milioni di euro contro i 7.582 sempre del 2003). Il saldo commerciale è inferiore del 6,94 per cento, il ricorso alla cassa integrazione è aumentato del 34 percento. Con un, ulteriore, campanello d'allarme, che va a toccare il punto di eccellenza della produzione italiana, le calzature in pelle.
Rossano Soldini, presidente dell'Anci, conferma tutto e rincara la dose: «I primi mesi del 2005 hanno incupito la situazione. Le esportazioni si riducono ancora, del 10,7 per cento, e noi temiamo per il futuro di tutto questo comparto manifatturiero, visto che le richieste di cassa integrazione sono ancora aumentate».
All'Anci hanno messo a punto una strategia di difesa del prodotto e sono determinati a combattere il dumping cinese, chiamando in campo l'Europa. Il primo risultato del pressing è arrivato: è partita la procedura antidumping contro India e Cina per le importazioni di calzature. Inoltre, hanno già pronto da mesi il piano di rilancio. Che ha bisogno di tempi brevi e di decisioni altrettanto rapide da parte dell'Europa. Un piano in tre fasi. La prima: l'obbligo di mettere sul prodotto il marchio di origine. Secondo passaggio: i dazi compensativi; il terzo: la riattivazione delle quote per le calzature in pelle.
Estratto da Affari&Finanza del 19/09/05 a cura di Pambianconews