È una società a gestione familiare e non ama parlare di sé. Da ieri, però, Ikea ha dato il là a un nuovo corso. Almeno in Italia. L'amministratore delegato Roberto Monti ha tenuto in prima persona una conferenza stampa molto «trasparente». L'occasione è stata la chiusura dell'anno fiscale 2005 e l'annuncio del taglio dei prezzi del 5,3% da settembre. A livello internazionale, nell'esercizio chiuso il 31 agosto scorso, Ikea ha registrato 14,8 miliardi di euro di fatturato, con un incremento del 16% sul 2004. In Italia dai 714 milioni del 2004 si è passati a 883 milioni nel 2005 (+23,7%). Il dato non è a parità di perimetro, perché comprende anche gli incassi dei negozi di Roma, Genova e Brescia, aperti negli ultimi dodici mesi. Ma non si può negare che il peso di Ikea sul settore dell'arredamento in Italia sia sempre più significativo.
Quello tra il grande magazzino svedese e l'Italia, però, è un rapporto di mutua convenienza. Aziende come Natuzzi, Calligaris e Bormioli, solo per fare alcuni esempi, garantiscono da anni un produzione di qualità e su misura per Ikea. Insomma l'Italia non è solo acquirente, ma anche venditore. E se in pole position c'è la Cina, che fornisce a Ikea il 18% dei mobili e degli accessori, l'Italia è la quarta in ordine d'importanza con il 7,2% della produzione totale (prima ci sono solo Polonia e Svezia).
«Sono vent'anni che lavoriamo con Ikea, confermano alla Calligaris, azienda specializzata in sedie e altri complementi d'arredo, ma ultimamente ci siamo concentrati sulla valorizzazione del nostro brand, per cui oggi le vendite al gruppo scandinavo rappresentano solo l'1,5% del fatturato». Tutt'altro tenore ha il rapporto con Natuzzi. La società, quotata a New York ha confermato che si tratta del cliente più importante del ramo di business wholesale. Business che conta per il 60% del fatturato, che nel 2004 è stato di 753,4 milioni di euro (contro i 769,6 milioni del 2003).
Estratto da Finanza&Mercati del 15/09/05 a cura di Pambianconews