A parlare delle strategie Coin è Stefano Beraldo. Da poche settimane è entrato come amministratore delegato nel gruppo veneto, 1.073 milioni di ricavi realizzati con i 71 negozi Coin e i 264 negozi Oviesse, dopo il passaggio della maggioranza del capitale al fondo Pai.
Vendere è stata una decisione sofferta, per la famiglia. Che, infatti, spera di poter ricomprare in futuro. Sarà così?
«Coin è un'azienda pubblica… La famiglia oggi ha un ruolo finanziario, in consiglio ci sono i figli dei due fondatori (Marta e Piero Coin) e il rapporto con loro è quello normale tra socio di maggioranza e socio di minoranza. La governance è semplice».
Quando il ramo Coin tornerà a fare utili?
«Il prossimo anno, ma non posso dare numeri». «Stiamo intervenendo in buona parte della rete, anche con investimenti massicci. Non sempre, però, c'è bisogno di mega-ristrutturazioni, a volte basta intervenire sul gusto della vetrina. Abbiamo location importanti, copriamo buona parte d'Italia e abbiamo un 30% di clienti fedeli».
Aumenterete le produzioni all'estero?
«Sicuramente andremo a cercare i migliori fornitori, nei migliori Paesi e con il miglior rapporto qualità-prezzo. Oggi Coin sta sottoutilizzando la sua capacità di acquisto all'estero: per esempio non compriamo niente in Turchia. Ma adesso non vorrei che si dicesse che Beraldo che ha portato De' Longhi in Cina (il progetto di delocalizzazione dell'azienda di condizionatori porta la sua firma, nda) porta fuori anche Coin. Non è questo che voglio fare».
Estratto da CorrierEconomia del 12/09/05 a cura di Pambianconews