Sono uno degli indicatori «ufficiosi» dell'economia più attendibili, un termometro che difficilmente sbaglia. L'industria calzaturiera è, da sempre, tra le prime a risentire dei tagli ai consumi. «Come già è successo nel 2004, nel primo semestre del 2005 il settore ha faticato a raggiungere gli stessi risultati dell'anno precedente» spiega Fabio Tronchetti, amministratore delegato e direttore generale di Bata. «In pratica si rischia di realizzare gli stessi fatturati del 2003 e alcune aziende arrivano addirittura a sei punti percentuali sotto il pareggio».
Questo livello di handicap golfistico non sembra però toccare Bata, che prevede di chiudere il 2005 con una crescita del 12% sul giro d'affari complessivo e del 7% sui profitti, toccando in Italia un fatturato di 310 milioni di euro che rappresenta quasi la metà di quello a livello europeo. «Sono risultati possibili grazie sia a un'oculata politica di investimenti sia a una strategia di segmentazione dell'offerta» continua Tronchetti. «Compar Bata investe 12 milioni di euro,10 dei quali dagli ammortamenti e 2 dagli utili, ma soprattutto riesce a bilanciare i risultati negativi di alcune tipologie di negozi con quelli positivi di altri. Mentre quelli di lusso perdono due punti percentuali sul fatturato dell'anno precedente, i negozi nei centri commerciali ne guadagnano uno e quelli negli outlet sono in crescita del 3%».
«Grazie alla domanda di prodotti per lo sport abbiamo aperto 50 negozi in tre anni» aggiunge Tronchetti «e intendiamo arrivare a 100 negozi entro due anni, puntando a una contribuzione al fatturato del 70% per le scarpe e del 30% per l'abbigliamento. Più in generale, per raggiungere una crescita del 10% del giro d'affari intendiamo aprire quest'anno 60 nuovi negozi, 42 dei quali in Italia e 18 all'estero insieme a partner locali».
Estratto da Economy del 9/09/05 a cura di Pambianconews