Dopo l´avventura tedesca, che con i suoi 400 milioni di euro di perdite avrebbe potuto uccidere anche la più vitale delle imprese, dopo gli anni delle liti e degli avvocati, che hanno portato il controllo nelle mani di Pai, fondo chiuso europeo che ne detiene il 69%, la Coin ricomincia una nuova vita. E´ la prima senza avere alle spalle la famiglia che l´aveva fondata e di cui porta il nome e che oggi è un socio finanziario di minoranza, pur avendo manifestato spesso l´ambizione di volere tornare, un giorno, in sella al controllo.
La guida oggi con pieni poteri un giovane manager veneziano, Stefano Beraldo, con una carriera segnata dai successi alla Gs e alla De´ Longhi e che ora tenta la sfida di rilanciare un marchio consolidato, ma in alcuni punti un po´ acciaccato, della grande distribuzione italiana. Ha al suo attivo un asset sicuro: una rete di 336 negozi a insegna Coin e Oviesse: 40.000 metri quadrati di vendita che richiamano ogni anno 90 milioni di visitatori. «Ma soprattutto, dice, un network di qualità costituito da quella rete di 71 negozi, ubicati nel cuore dei centri cittadini e nella bellezza dei loro palazzi storici che oggi costituiscono una potenzialità di attrazione per chi cerca lo shopping cittadino e un consumo di qualità a prezzi accessibili».
«Cambieremo, dice Beraldo, ridurremo i marchi fatti in casa concentrandoci su quelli di successo. Per il resto torneremo a girare il mondo a cercare tendenze, a scoprire piccole aziende innovative ma che non hanno una vetrina, a vendere marche che offrono lusso, ovviamente a prezzi abbordabili».
Estratto da La Repubblica del 5/09/05 a cura di Pambianconews