Mentre una delegazione di Bruxelles sta rinegoziando coi cinesi quote meno restrittive di quelle chieste e ottenute in un primo momento dalla stessa Ue, da Prato, vittima privilegiata della concorrenza low cost, il presidente dell´Associazione industriali Carlo Longo interviene proprio in difesa dei tetti.
In una lettera al viceministro alle attività produttive Adolfo Urso, denuncia il rischio che «un abnorme e repentino incremento dei flussi di importazione dalla Cina provochi un effetto dirompente sull´industria tessile abbigliamento europea», e chiede un intervento «affinché siano mantenuti gli impegni assunti da Cina e Ue» contro «le pressioni insistenti di commercianti, distributori e importatori, sostenuti anche dai governi dei paesi nordeuropei, nei confronti del Commissario Mandelson» perché l´accordo «sia rimodulato, se non addirittura sospeso». A sostegno della loro tesi, ricorda Longo, anche la minaccia di una perdita di posti di lavoro.
In realtà, sostiene il presidente degli industriali pratesi, i tetti costituiscono «un meccanismo assolutamente legittimo, e non un atto protezionistico», dal momento che «l´industria tessile abbigliamento europea nel corso degli ultimi anni ha perso centinaia di migliaia di posti di lavoro anche per effetto di una concorrenza spesso anomala» come quella cinese, «legata al mancato rispetto di standard minimi in materia sociale e ambientale».
E quanto ai paesi nordeuropei, fa notare, se «da un lato invocano massima liberalizzazione in nome del consumatore, dall´altro ostacolano il percorso verso una maggiore trasparenza», per esempio l´etichetta di origine obbligatoria sui capi finiti.
Estratto da La Repubblica del 26/08/05 a cura di Pambianconews