Anche i gioiellieri, di questi tempi, piangono. E puntano il dito contro la filiera produttiva frantumata dalla manodopera a basso costo dei Paesi emergenti. Ma ci sono ancora dei paradisi «preziosi», e incontaminati. Secondo Rossella Beato, responsabile Pambianco Consumer Research, «negli ultimi tempi alcuni segmenti di consumo si stanno dimostrando più blindati di altri: il superlusso; il gioiello etnico; il fashion brand e il gioiello maschile».
Sono le «derive» della gioielleria che, per sopravvivere in tempi di export fiacco (-17,9% verso gli Stati Uniti, il principale mercato per il settore orafo italiano), diventa camaleontica o cerca collocazioni inusuali. «Il gioiello perde la valenza tradizionale, spiega Rossella Beato, e viene incorporato nell'abito e sempre più nella calzatura. Diventa di stagione». D
a associare con la pelliccia o con il sandalo. Si rafforzano così i fashion brand che studiano formule in cui il design e l'accessorio sono più importanti della materia prima. Alcuni nomi italiani sono particolarmente avanti in. questa ricerca: da Morellato a Rebecca, da Cometa a Binda, a Zoppini. Da Breil a Miluna. Marchi che usano più l'argento e l'acciaio dell'oro bianco, il cuoio o addirittura il jeans.
Estratto da Finanza&Mercati del 23/07/05 a cura di Pambianconews