I cinesi stanno scoprendo i prodotti di lusso e hanno stili di consumo sempre più occidentali. I primi acquirenti sono stati i dirigenti delle aziende, in cerca di status symbol. Adesso si affacciano al mercato le donne e i bambini.
«Il mercato dei prodotti di alto livello, quelli che cadono nella fascia luxury e nella cosiddetta fascia bridge, immediatamente sottostante, è ancora molto limitato», commenta Oscar Marcheggiani, consulente di Arthur D. Little.
La prova di quanto sia amato il made in Italy sono i tantissimi marchi “simil-italiani” che invadono i negozi cinesi e spesso convivono nello stesso centro commerciale con le versioni autentiche dei grandi marchi internazionali.
«Nelle fascia luxury quasi il 50% dei marchi presenti in Cina è italiano, dichiara Marcheggiani, nelle boutique degli hotel si vedono comunemente Gucci e Prada, mentre Zegna ha già una rete di 50 negozi e Ferragamo di 30, con Armani che ha invece scelto di avere tre punti vendita di altissima selettività».
«L'apparenza è migliore della sostanza: l'export annuo di abbigliamento italiano in Cina è pari a 50 milioni di euro e molti italiani preferiscono affidare le loro collezioni a un distributore locale, senza investire per crescere. Sono pochi quelli che hanno messo in campo le strutture di gestione e controllo per arrivare magari a 100 negozi».
Estratto da Il Sole 24 Ore del 11/07/05 a cura di Pambianconews